La Congiura degli Innocenti: Perché in Fondo Siamo Tutti Colpevoli!

Creato il 27 luglio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Sulla collina che sovrasta la ridente cittadina americana di Highwater nel Vermont, tra gli sgargianti colori delle foglie autunnali giace il cadavere di un uomo con una piccola ferita sulla fronte. L'uomo si chiama Harry Worp. Ma chi è questo Harry? E, soprattutto, chi lo ha ucciso? Forse il vecchio capitano Wiles con un colpo di fucile durante una battuta di caccia alla lepre? Oppure la signorina Rogers, ex moglie di Harry, con una bottigliata in testa? O ancora la signora Gravely con il tacco della sua scarpa per difendersi da un'aggressione?

È proprio da questi macabri e grotteschi interrogativi che si sviluppa la tagliente e spassosa trama de La congiura degli innocenti ( The Trouble with Harry il titolo originale), poco celebrato lungometraggio del maestro del brivido Alfred Hitchcock qui impegnato con un'opera "leggera" che abbandona le atmosfere cupe ed ansiogene che solitamente caratterizzano le sue pellicole in favore di un racconto che, utilizzando l'arma vincente del più bizzarro humour inglese, mette in scena le vicissitudini di quattro personaggi alle prese con uno strambo (presunto) delitto.

Annoverato dallo stesso Hitchcock all'interno della triade dei suoi film preferiti, assieme a L'ombra del dubbio (1943) e Notorious - L'amante perduta (1946), La congiura degli innocenti rappresenta finalmente l'opportunità per il cineasta inglese di dare ampio sfogo al suo cinico umorismo, manifestatosi a più riprese già nelle opere del passato, riuscendo così a creare un piccolo capolavoro partendo da un romanzo breve dello scrittore suo connazionale Jack Trevor Story e grazie all'abile sceneggiatura di John Michael Hayes, che nel giro di soli due mesi riuscì a terminare il lavoro e a consegnarlo ad un Hitchcock nel frattempo impegnato sul set francese di Caccia al ladro (1955).

Aiutato dalla sapiente capacità fotografica del fido operatore Robert Burks, che riuscì a riprodurre gli splendidi colori ambrati dell'inverno del Vermont applicando foglie di plastica ad alberi completamente spogli, e dalla colonna sonora di straordinario impatto di un Bernard Herrmann (qui capace di giocare con i temi e le sonorità burlesche) alla sua prima collaborazione con il regista, Hitchcock mise in moto una strampalata e divertentissima vicenda di omicidi e segreti in cui si possono però ancora una volta leggere chiaramente le tematiche fondamentali e ricorrenti del suo cinema, come ad esempio la sessualità latente, il complesso di colpa e soprattutto la suspense, qui causata da un delitto commesso e perpetrato alla piena e fredda luce del sole autunnale.

Uscito nel 1955, il film venne girato in appena tre mesi, fra ottobre e dicembre del 1954, per poi passare attraverso una brevissima fase di montaggio, grazie soprattutto alla tendenza ormai collaudata da Hitchcock di girare le varie sequenze e inquadrature nel loro perfetto ordine di successione e senza ripetere troppe volte le singole riprese (in modo da ridurre le versioni disponili dello stesso ciak e dunque al minimo la possibilità di intervento della censura o dei produttori). Malgrado il grande fiasco al botteghino statunitense, forse non sufficientemente in grado di apprezzare il pungente umorismo britannico, e il discreto successo in Europa, la seconda produzione targata Paramount di Hitchcock riuscì a raggiungere un livello qualitativo eccellente anche per le straordinarie interpretazioni del suo piccolo parco attoriale, a cominciare da John Forsythe, il futuro Blake Carrington della serie TV Dynasty (1981-1989), lo stravagante e squattrinato pittore Sam Marlowe il quale si innamora ben presto della giovane Miss Rogers che ha il volto dell'allora esordiente Shirley MacLaine.

Completano la cricca Edmund Gwenn, già visto in altre opere di Hitch come Fiamma d'amore (1931) e Il prigioniero di Amsterdam (1940), qui nei panni dell'anziano capitano Wiles che comincia a provare un certo sentimento per la compita ed attempata Miss Ivy Graveley interpretata da Mildred Natwick (la madre di Jane Fonda in A piedi nudi nel parco), e Jerry Mathers piccolo e astuto figlio di Miss Rogers che per primo scopre il cadavere. Ed è proprio attraverso la figura di questo monello che la storia si dipana nei suoi numerosi momenti esilaranti. Dalle ben quattro diverse tumulazioni e riesumazioni della salma del povero Harry ai maldestri tentativi della stramba brigata di occultare il cadavere alle forze dell'ordine, fermo restando il grande interrogativo di fondo: chi è il vero assassino di Harry? In realtà, tutti possono essere colpevoli, poiché tutti, in un modo o nell'altro, hanno avuto i mezzi o il movente per commettere questo crimine.

La congiura degli innocenti mescola abilmente il registro giallo e quello comico in maniera consapevole e senza attriti, senza sbagliare mai l'entrata delle pungenti battute e reggendosi attraverso una regia puntuale e ben orchestrata. I bellissimi paesaggi che fanno da sfondo alla rappresentazione costituiscono lo scenario ideale per una vicenda di sapore teatrale ma che non si arena mai sulle tediose corde del teatro filmato e che anzi sa ben rubare allo spettatore più di una risata sincera.

Numerosi sono poi i trucchi cinematografici impercettibili adottati da Hitchcock e da John P. Fulton, primo fra tutti l'impiego di due gigantesche suole di scarpe in cartone posizionate davanti all'obiettivo per creare l'iconica scena iniziale del ritrovamento del cadavere, accorgimento necessario per ottenere una messa a fuoco corretta sia in primo piano che sullo sfondo, o il già citato uso di foglie artificiali per ridare le "giuste sfumature" al paesaggio autunnale del Vermont dopo che, alcuni giorni prima dell'inizio delle riprese, una tempesta aveva spogliato gli alberi di questo meraviglioso set naturale.

Ad oltre sessant'anni dalla sua realizzazione La congiura degli innocenti continua ancora oggi a mantenere intatta la sua verve e la sua fresca originalità, resistendo tenacemente all'usura del tempo e dimostrandosi degna opera rappresentativa del genio di un sagace creatore come Hitchcock, anche laddove il torbido cuoce a fuoco lento sotto una coltre di spassoso umorismo.


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