La contraffazione brucia 110.000 posti e 1,7 mld di tasse.

Creato il 23 ottobre 2012 da Freeskipper
Non tutti possono permettersi un bel Rolex al polso, oppure una stupenda tracolla Prada. Non tutti possono esibire roba “originale”, ma dai prezzi esageratamente proibitivi. E allora c’è chi si accontenta di un ottimo orologio o di una bella borsa di pelle non griffata!!! Ma c’è pure chi non sa resistere alla “fanaticheria” di mostrare “la firma” e non potendoselo permettere si rivolge al mercato del “tarocco”! Imitazioni praticamente identiche all’originale che trarrebbero in inganno le stesse case costruttrici dell’autentico rigorosamente griffato!!! E così la vanità è salva, il figurone con amici e conoscenti assicurato. La stessa cosa non si può dire per il bene dell’economia nazionale, dacchè il “falso di marca” distrugge posti di lavoro e abbatte il pil! Senza la contraffazione in Italia ci sarebbero 110 mila posti di lavoro in più e 1,7 miliardi di entrate per il fisco. Lo afferma una ricerca del ministero dello Sviluppo economico con il Censis. Se i prodotti falsi fossero venduti sul mercato legale, la produzione salirebbe di 13,7 miliardi e le imposte (indotto incluso) di 4,6 miliardi. Il mercato italiano del falso fattura 6,9 miliardi di euro ed è così esteso che "non esiste prodotto che non possa essere imitato e venduto". E' quanto emerge da una ricerca del Ministero dello Sviluppo economico con il Censis. Per i cosmetici la crescita della contraffazione è stata di almeno 15 volte in 10 anni. I settori più colpiti sono l'abbigliamento e gli accessori con un giro d'affari del falso di 2,5 miliardi, i cd, dvd e software (1,8 miliardi) e l'alimentare (1,1). Sostiene il mercato del falso, secondo la ricerca del Censis, una domanda "consistente" da parte dei consumatori che sono "indifferenti al fatto di compiere un atto illecito e convinti di fare un affare". La contraffazione spazia dai gioielli alle calzature, dal design ai giocattoli e perfino ai medicinali. Il fenomeno non riguarda solo l'imitazione di marchi, ma anche di modelli registrati, per esempio nella pelletteria e nell'arredo, la falsificazione dell'indicazione made in Italy e l'Italian sounding nell'alimentare e l'importazione parallela sottocosto di prodotti destinati ad altri mercati, soprattutto per make up e profumi.