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La controra nel Mezzogiorno d’Italia. Una tradizione tutta meridionale..

Creato il 10 maggio 2015 da Vesuviolive

Chi non ricorda quelle ore pomeridiane d'estate in cui, complice un tipico pranzo familiare, non si ha la forza di fare nulla?! Le braccia sono senza forze, le gambe tremano e l'unico movimento che si riesce a fare è muovere un ventaglio, accendere un condizionatore o un ventilatore. Il corpo man mano si rilassa e alla fine, senza molta resistenza, scivola tra le braccia di Morfeo. Queste ore, in cui è facile lasciarsi andare a un sonnellino pomeridiano, formano la cosiddetta "controra". Il termine, deriva dal latino "contra horas", cioè ore contrarie, e sta a indicare le prime ore del pomeriggio in cui è impossibile fare qualunque cosa se non riposarsi. In particolare è una pratica conosciuta nelle regioni meridionali d'Italia, ovvero negli unici luoghi italiani dove il sole è caldo al punto da richiedere un'interruzione delle attività lavorative. Il termine, infatti, indica anche quella calura estiva che opprime il Mezzogiorno in particolare nel mese di agosto. In queste ore pomeridiane solitamente non si esce, non si alza la voce ed è facile che nei condomini i bambini non possano giocare nel parco a palla o sia vietato ascoltare la musica ad alto volume. Spesso la fine della controra è scandita dal tintinnio dei cucchiaini nelle tazzine da caffè, la bevanda che meglio di ogni altra risveglia il corpo.

Questa usanza trae le sue origini dall'antica cultura contadina. Chi lavorava la terra, nelle giornate particolarmente calde, solitamente smetteva di lavorare a mezzogiorno, pranzava e poi si riposava proprio perché era impossibile pensare di attivarsi quando il sole batteva sui corpi già affaticati. I saggi contadini riprendevano poi a lavorare quando sapevamo di poter svolgere la propria attività al meglio. A dare ragione alle abitudini dei coltivatori è arrivata anche una ricerca della Nasa, secondo la quale la controra aumenterebbe le prestazioni del cervello del 34%.

Fin dall'antichità queste ore del pomeriggio erano considerate particolari, se non addirittura sacre, ma anche inquietanti, come racconta Giacomo Leopardi nel capitolo "Del meriggio", del suo "Saggio sopra gli errori popolari degli antichi", pubblicato nel 1815: " Chi crederebbe che quello del mezzogiorno fosse stato per gli antichi un tempo di terrore, se essi stessi non avessero avuto cura d'informarcene con precisione?[...] Il tempo destinato al sonno, cioè quello della quiete e del silenzio, è stato sempre il più proprio a risvegliare le chimeriche idee di fantasmi e di visioni, che quasi ogni uomo ha succhiate col latte. [...] Anche le ombre dei morti riputavansi comparire e andar vagando sul mezzogiorno, come vedesi sì nei citati versi di Stazio (Thebaid., lib. IV), sì presso Filostrato, il qual narra che i pastori non ardivano nel mezzogiorno avvicinarsi a Pallene, ossia Flegra, dove giacevano le ossa dei giganti, per timore degli spettri che apparivano in quel luogo facendo uno strepito spaventevole (Heroic., cap. 3)".

Anche nella tradizione ebraica, esiste un diavolo, chiamato Keteb, che al contrario degli altri demoni notturni, compare di giorno nelle ore pomeridiane, quelle cioé in cui gli umani sono più vulnerabili.

Fonti: Adriano Mazzella, "Tempo di controra. L'ozio estivo che fa bene al cervello", da "Il Napoli", Napoli, 2009

Luciano De Crescenzo, "Così parlo Bellavista: Napoli, amore e libertà", Mondadori, Milano, 2011

Saverio Mattei, "I libri poetici della Bibbia", Tomo V, Porcelli, Napoli, 1779

Giacomo Leopardi, Opere, Le Monnier, Firenze, 1846

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