La corruzione e la teoria dei vasi comunicanti

Creato il 03 febbraio 2012 da Ciro_pastore
Sistemi malati ed in crisi profonda producono paradossalmente maggiore corruzioneLA CORRUZIONE E LA TEORIA DEI VASI COMUNICANTI
Nelle grandi aziende del TPL – e in quelle pubbliche in generale - gli acquisti sono stati sempre informati al 4° Principio di Deming (famoso teorico americano della Qualità Totale) che asserisce che “non bisogna mai acquistare materiali e servizi al prezzo più basso”. Appare del tutto evidente come, sia pure empiricamente, alcune decisioni manageriali vengano governate da quel principio, ed i fatti di cronaca delle ultime ore tendono a confermarlo, purtroppo. Deming, peraltro, enunciò quel principio per esortare i responsabili degli acquisti aziendali a non fidarsi troppo delle offerte al ribasso in quanto, spesso, foriere di costi aggiuntivi che, direttamente od indirettamente, potrebbero derivare dalla scarsa qualità dei materiali forniti o dalla insufficiente professionalità dei servizi prestati.
La realtà ci consegna, invece, il quadro di uno scenario in cui alcuni responsabili d’acquisti, diciamo “infedeli”, si sono conformati, in maniera fin troppo ortodossa direi, al Principio di Deming. Pare, ma questo lo stabiliranno con certezza le indagini e gli eventuali processi, che ci sia uno strano fervore nella pedissequa applicazione delle principali regole della Qualità Totale. Una sorta di straordinaria conversione al dogma del Kaizen (letteralmente miglioramento continuo). In questo caso specifico, si noterebbe un evidente progressivo miglioramento delle condizioni di vita di quei manager, più che della qualità del servizio prestato ai clienti, ma accontentiamoci del fatto che si stiano progressivamente innestando nella culture aziendali i sani principi della Qualità Totale (sigh!!!).
Certo, il ruolo del responsabile degli acquisti (buyer) è delicato, e comporta altissima professionalità. I buyers sono sempre più centrali in qualsiasi struttura organizzativa aziendale. La progressiva evoluzione dello loro skill set è indispensabile per modernizzare la loro funzione, stante la dimensione sempre più globale dei mercati di riferimento. I buyers, così, finiscono per dover essere non più semplici operatori sul mercato degli approvvigionamenti, ma veri e propri managers d'acquisto, con le relative responsabilità adeguate al loro nuovo ruolo. Sono tenuti, infatti, a rafforzare le loro competenze relazionali per poter accrescere l’impatto positivo sui processi decisionali, tanto da sviluppare una sempre maggiore autorevolezza nei confronti dei propri interlocutori.
Le cronache giudiziarie di questi giorni, che fanno seguito a quelle di qualche mese fa, dimostrano che qualcuno si è calato fin troppo in questa nuova dimensione del ruolo di buyer, travalicando, forse, qualche piccolo limite. Ma, c’è da scommetterci, se ciò è avvenuto, deve attribuirsi a semplice “eccesso di zelo”. D’altra parte, è pur vero che ai buyer viene richiesta la capacità professionale di influenzare i processi decisionali, di comprendere i bisogni del cliente interno, di instaurare relazioni costruttive con i propri interlocutori e di saper gestire, infine, i processi come scambio e influenzamento reciproco fra buyer e fornitore. Il buyer moderno deve, secondo le più recenti teorie organizzative, essere assertivo ed essere in grado di generare situazioni win/win, condizione in cui fornitore e buyer “vincono” reciprocamente, ed a questo obiettivo di reciproca soddisfazione pare abbiano completamente assolto, stando a quanto narrato dalle cronache. Allora, se queste sono le competenze/capacità teoricamente richieste, mi pare che le situazioni narrate dalle cronache vadano esattamente nella stessa direzione. Magari, si potrà dire che da parte di qualcuno ci sia stato un piccolo fraintendimento sul fine ultimo dei processi di cui ricoprivano la responsabilità, ma piccoli disguidi interpretativi possono essere ammessi e, fondamentalmente, giustificati, no?
C’è da immaginare, poi, che troverà una particolarissima applicazione il principio dei vasi comunicanti, scoperto da Galileo Galilei. Il famoso scienziato pisano dimostrò che un liquido contenuto in due o più contenitori comunicanti tra loro, in presenza di gravità, raggiunge lo stesso livello dando vita ad un'unica superficie equipotenziale (definizione tratta da Wikipedia). L'acqua come tutti i liquidi, non ha una forma propria, ma assume la forma del recipiente che la contiene. Per questo motivo, se si versa un liquido in vasi tra loro in comunicazione anche se di forma diversa, esso si dispone allo stesso livello in ognuno dei contenitori stessi. Il denaro, nonostante si presenti come un solido (banconota di carta), si comporta negli scambi come un fluido, quindi è del tutto assimilabile all’acqua. Come l’acqua, quindi, obbedisce al principio galileiano dei vasi comunicanti. Se il modello funziona a Firenze, può funzionare con gli stessi principi sia Canicattì che a Napoli; quello che accadeva in un’azienda potrebbe accadere – o essere accaduto - anche in altre. Un imprenditore che trova ampia soddisfazione nell’applicazione dei propri comportamenti a sostegno delle vendite, non tarderà ad implementare quegli stessi comportamenti anche in altri scenari aziendali. Parlando di livellamenti d’acqua, per descrivere la situazione, verrebbe da capovolgere il famoso detto napoletano modificandolo nel seguente modo: “L’acqua è poca, ma a’ papera galleggia sempe”.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnellihttp://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/

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