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La corruzione: si combatte con la “buona cultura”

Creato il 11 dicembre 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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Gilberto Corbellini riflette sul rapporto tra livello culturale ed efficacia delle istituzioni, mettendo in luce come i due parametri siano in realtà strettamente correlati

Criminalità organizzata, evasione fiscale e corruzione: questi i tre primati italiani che nella denuncia di Gilberto Corbellini (“Solo la cultura ci potrà salvare”, Sole24ore del 7 dicembre) sono destinati “a vanificare qualunque tentativo di far ripartire economicamente e socialmente il Paese”. Nel ricordare le esortazioni di Ignazio Visco sulla necessità di disporre di strumenti normativi anticorruzione di maggiore efficacia, Corbellini fa notare che il governatore della Banca d’Italia, forte dei suoi studi sull’economia del capitalismo cognitivo, sa perfettamente che gli interventi legislativi – per quanto efficaci – non sono sufficienti a risolvere il problema, che non è né politico né economico ma “culturale” e rimanda alla questione dell’educazione e dell’istruzione.

A questo proposito l’autore dell’articolo cita una serie di studi sui rapporti tra livello culturale e qualità delle istituzioni da cui emerge la tesi che “le persone rispettano le regole scritte e condivise se e solo se hanno maturato, in età pre-adulta e attraverso specifiche esperienze socio-culturali e processi educativi, una capacità individuale, sul piano psicologico-morale, di apprezzare il valore e l’utilità di procedimenti istituzionali trasparenti, affidabili e competitivi”.

Tra i tanti riferimenti, poniamo l’attenzione su due studi citati da Corbellini: uno condotto da Niklas Potrafke su 125 Paesi in cui si rileva che dove le prestazioni intellettuali sono più alte il livello di corruzione è inferiore, e un altro di Isaac Kalonda Kanyama in cui viene confermato che il “capitale cognitivo” di una nazione permette di esercitare un più efficace controllo non solo sulla corruzione, ma anche sull’efficienza del governo e dello stato di diritto.

Il dato che ne emerge, come evidenziato anche nell’articolo, non è che ci siano Paesi abitati da persone più intelligenti che realizzano istituzioni migliori e viceversa, ma che dove c’è una maggiore comprensione delle regole e dei principi delle istituzioni e una più salda cooperazione tra queste ultime e il capitale cognitivo, la qualità della vita istituzionale è migliore.

È in fondo lo stesso concetto ripetuto più volte anche sulle pagine della nostra testata: per fare “buona politica” e “buona economia” è necessario promuovere “buona cultura”, che è il vero fondamento e il polo orientante di una società. Non è un caso che lo stesso Visco insista sulla necessità di investire in istruzione e ricerca, perché – ricorda Corbellini – “è nelle scuole e attraverso dinamiche famigliari di attaccamento salutare che si costruiscono i sentimenti e ragionamenti potenzialmente virtuosi, e allo stesso tempo emotivamente premianti, che riducono la pratica e il contagio della corruzione”.

MC


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