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La Corte dei Conti bacchetta la Rai: Sanremo e le fiction costano troppo

Creato il 12 febbraio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
La Corte dei Conti bacchetta la Rai: Sanremo e le fiction costano troppo"Sebbene l'esito della gestione del 2011 sia stato in generale positivo, si deve rappresentare che la società non ha ancora perfezionato un rigoroso piano di razionalizzazione e contenimento dei costi, tanto più necessario riguardo ai negativi risultati delle gestioni precedenti e del 2012. In sintesi è mancata una manovra che potesse consentire di contrastare il sensibile calo dei ricavi, riducendo drasticamente e razionalmente i costi della gestione". Lo afferma la Corte dei Conti in relazione alla gestione finanziaria della Rai negli esercizi 2011-12.
"Le risultanze gestionali e patrimoniali della società Rai nel biennio 2011-2012 hanno evidenziato profili sostanzialmente diversi. Nel 2011 la capogruppo ha chiuso il bilancio con un utile di 39,3 milioni di euro, mentre nell'esercizio 2012 con una perdita di 245,7 milioni di euro. In corrispondente andamento sono risultati i valori del conto economico consolidato, rispettivamente positivo nel 2011 per 4,1 milioni di euro e negativo per 244,6 milioni di euro nel 2012. Il patrimonio netto di Rai SpA, aumentato nel 2011 a 427,5 milioni di euro (nel 2010 374,8 milioni), nel 2012 si è ridotto a 294 milioni per effetto della diminuzione delle riserve per il ripianamento delle perdite registrate nel periodo. Rilevanti sono stati i debiti finanziari, pari a 282,5 milioni di euro nel 2011 e a 371,6 milioni di euro nell'anno seguente.
Nel biennio in rassegna, come negli esercizi precedenti, si è registrato lo sbilancio negativo tra ricavi e costi della produzione, nella misura di 23,3 milioni di euro (2011) e di 215 milioni di euro (2012), segnale preoccupante per la situazione economico-patrimoniale e finanziaria della Società di proprietà pubblica. Sul versante dei ricavi, l'introito derivante dal pagamento del canone radiotelevisivo ha rappresentato circa il 60,5% (il 68% nel 2012) del totale delle entrate aziendali, contro circa il 31,3% (26% nel 2012) della pubblicità e circa l'8,2 % (il 6% nel 2012) degli altri ricavi.
L'entrata da canone è rimasta notevolmente compromessa dalle crescenti dimensioni dell'evasione, stimata nel biennio nell'ordine del 27% circa, superiore per quasi 19 punti percentuali rispetto alla media europea. Anche il ricavo derivante dalla pubblicità, ha evidenziato sostanziale flessione rispetto agli esercizi pregressi e si è attestato in 965 milioni di euro nel 2011 e in 745,3 milioni euro nell'esercizio successivo. Gli altri ricavi, ossia quelli tipicamente commerciali, hanno presentano nel 2011 una timida ripresa rispetto all'esercizio precedente, ma sono, poi, calati nel 2012.
Per quanto riguarda i costi operativi - pur scontando l'assenza, come in ogni esercizio dispari, di quelli afferenti ai grandi eventi sportivi - nel 2011 si è registrata una diminuzione del 5,9%; nell'anno successivo, peraltro detti oneri si sono incrementati di 18,1 milioni di euro. Il costo del personale, cresciuto nel 2011 del 2,7%, si è ulteriormente incrementato nel 2012 anche in ragione di un accantonamento di 62 milioni di euro stanziati per il piano di esodo agevolato.
Con riferimento ai costi della produzione appare indispensabile una loro sostanziale riduzione, in particolare per quelli riconducibili al festival di Sanremo, alle fiction e alla programmazione finanziata con fondi diversi da quelli derivanti dal canone radiotelevisivo. Nella prospettiva della riduzione dei costi di produzione, si inscrive la liquidazione o l'incorporazione di talune società controllate (RaiSat S.p.A., Rai Trade S.p.A., Rai Net S.p.A. e Rai Corporation). La Corte, pur costatando la diminuzione delle società, rappresenta la esigenza di una rigorosa verifica della loro attuale necessità, tenuto conto che l'apporto complessivo delle controllate appare assai modesto, in quanto, ad eccezione di Sipra (ora Rai Pubblicità), la quasi totalità del fatturato è verso la Rai, senza alcuna significativa espansione all'esterno del perimetro delle proprie attività.
Nel delineato contesto, va segnalata l’esigenza di assumere tutte gli interventi che si riterranno più idonei per mantenere sotto stretto controllo l’andamento del costo del lavoro e degli oneri connessi, sia per la Società che per il Gruppo, considerata l’incidenza di oltre il 30% di tale fattore sugli oneri della produzione. Si pone, inoltre, la necessità di promuovere efficaci interventi finalizzati a contrastare l’evasione dal pagamento del canone, non adottati o anche solo pianificati nel corso del biennio in rassegna, in particolare per il canone speciale, riscosso direttamente dalla società.
La Corte ribadisce, inoltre, il giudizio, espresso nei precedenti referti, secondo cui il modello della contabilità separata, sicuramente valido per dimostrare all’Unione europea che il finanziamento pubblico non supera il costo complessivo sostenuto dalla concessionaria per lo svolgimento del servizio pubblico, non può essere assunto quale strumento unico ed esclusivo per determinare la misura del canone di abbonamento, in quanto alcuni valori in essa contenuti provengono da procedure basate sull’applicazione di parametri numerici e sull’ipotetica applicazione di vincoli normativi previsti per la generalità degli operatori del settore. A conferma della suesposta analisi devono essere sottolineati i reiterati risultati negativi dell'aggregato A della contabilità separata, ove sono esposti i ricavi derivanti dalla riscossione dei canoni di abbonamento ed i relativi costi sostenuti per il servizio pubblico, in attuazione delle previsioni del contratto di servizio, registrati anche nel biennio 2011-2012.
In questa difficile congiuntura, più che in ogni altra passata circostanza, diventa inderogabile per la concessionaria che il contratto di servizio per il triennio 2013–2015 venga negoziato dando effettiva attuazione a principi già presenti nei precedenti contratti. Più in particolare, al principio secondo il quale il finanziamento delle attività di servizio pubblico deve essere garantito con carattere di certezza e congruità, per il triennio di vigenza, attraverso il canone radiotelevisivo.
La Corte ribadisce, la decisiva necessità che l’Azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con decisioni di spesa che siano - singolarmente e nel loro complesso – strettamente coerenti con il quadro di riferimento.
Sul fronte operativo si deve rilevare come, indipendentemente dal diverso panorama di offerta e dalle difficoltà sul fronte dell’acquisizione delle risorse, le modalità di progettazione editoriale e la relativa fase di sviluppo produttivo siano rimaste sostanzialmente ancorate a modelli poco adeguati rispetto al nuovo mercato di riferimento, caratterizzato da un’alta penetrazione della tecnologia nella diffusione del prodotto televisivo. Si pone, quindi, con assoluta centralità la questione dell’offerta della Rai agli utenti, da orientare verso il recupero degli ascolti delle reti generaliste, l’incremento di quelli relativi ai canali tematici senza trascurare la proposta “web” e quella internazionale.
Sotto il profilo organizzativo, oltre la rivisitazione dei processi attinenti al decreto legislativo n. 231 del 2001, per una loro armonizzazione con le nuove regole, è necessario l'adattamento del modello previsto dalla stessa normativa, alle previsioni contenute nella legge n. 190 del 2012 e al Piano Nazionale Anticorruzione, recentemente approvato.
Appare indispensabile, inoltre, l’assunzione di tempestive azioni correttive nel settore dell’oggettistica promozionale e degli omaggi aziendali, al fine di evitare spese in difformità dalle istruzioni aziendali e in mancanza di precise indicazioni riguardanti l’inerenza aziendale."

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