Di Gianni Pardo il 8 ottobre | ore 08 : 33 AM
Un terzo dei giudici della Corte Costituzionale e un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura sono eletti a scrutinio segreto dalle Camere riunite, con speciali quorum e speciali maggioranze. Si vorrebbe così fare in modo che siano scelte persone universalmente stimate e al di sopra delle parti. In realtà – segnala oggi Ernesto Galli Della Loggia(1) – questo scopo, malgrado le speciali precauzioni, non è raggiunto. Invece di nominare personalità universalmente stimate, i partiti si mettono d’accordo e adottano il metodo brutale della spartizione. Secondo le sue parole: “Questa volta si vota per il candidato che hai scelto tu, qualunque esso sia [meglio, chiunque egli sia]; la prossima volta si voterà per quello che ho scelto io”. E la Costituzione va a farsi benedire. L’editorialista si indigna perché, mentre tutti notano e deprecano le “sparate” di Bossi contro quel supremo Testo, nessuno si accorge o si straccia le vesti per questo obbrobrio. Ha ragione, ma omette di trarre dal caso concreto le necessarie conclusioni.
Un proverbio siciliano che non ci si stanca di ripetere insegna: “Col dritto non fare patto, con lo storto non fare contratto”. Cioè: col galantuomo non è necessario stabilire speciali norme e guarentigie, perché si comporterà comunque correttamente. Col farabutto neanche il migliore contratto ti proteggerà. In un Paese di furbi come l’Italia siamo invece tutti convinti che la norma scritta e particolareggiata ci salvaguardi. E infatti il nostro codice civile si compone di quasi tremila articoli.
In questo abbaglio sono caduti anche i padri costituenti. Hanno previsto che un terzo dei giudici costituzionali sia nominata dai magistrati – come se essi non avessero un partito, nel loro cuore, e a volte anche sulle loro bocche – e un terzo dal Presidente della Repubblica, come se egli non avesse, dopo una vita passata nelle istituzioni, passioni politiche. Il risultato – soprattutto avendo avuto negli ultimi decenni solo Presidenti venuti dalla sinistra – è che oggi la Corte Costituzionale è sentita come un organo che fa una precisa politica di sinistra. Che il fatto sia vero o no, il danno è lo stesso: la sua legittimità nasceva dall’essere dedita solo all’applicazione della Costituzione, e questa legittimità è andata perduta.
In politica le persone super partes non esistono. Galantuomini quanti ne vogliamo, ma l’essere super partes, in questo campo, significherebbe non avere idee. E chi, necessariamente, le ha, ne è influenzato più o meno gravemente. Se alcuni si spingono fino alla malafede, altri possono essere scorretti in perfetta buona fede. Oggi molti, nel centro-destra, sono convinti che la Corte Costituzionale abbia più volte agito aggirando la volontà popolare e superando i poteri del Parlamento, pur di dare ragione alla sinistra e farla vincere a tavolino, dal momento che aveva perso in campo. Ancora una volta: anche se non fosse vero, il danno sarebbe lo stesso. La finalità della Costituzione è stata azzerata e quella Corte, che doveva rappresentare l’imparzialità al più alto livello, è vista come un Sinedrio che realizza colpi di mano approfittando della toga.
All’andazzo non sfugge certo il Parlamento. La Costituzione ha avuto l’ingenuità di ipotizzare personalità super partes ma i parlamentari fra i loro molti difetti non hanno quello dell’ingenuità. E per questo, invece di farsi fregare da qualcuno che si proclama disinteressato, preferiscono piazzare un loro uomo, o almeno, quando questo non è possibile, sapere che è stato eletto un loro nemico.
E c’è una considerazione ancor più generale. In una nazione tradizionalmente faziosa come l’Italia, in cui per un fiorentino è meglio un morto in casa che un pisano all’uscio, è inutile sperare in una superiore qualità di disinteresse, di competenza, d’imparzialità. Dunque è bene che qualunque decisione sia presa da un organo dichiaratamente politico, che almeno di quella decisione risponda agli elettori. Nessun Consiglio dei Saggi, nessuna Corte Costituzionale, solo un Parlamento che sbaglierà, e adotterà magari decisioni viziate di parzialità, ma lo farà alla luce del sole e, quanto meno, essendo legittimato dal voto popolare.
In Italia l’imparzialità è inverosimile. Il massimo che si può sperare è che l’ingiustizia, invece di nascere dalla decisione di una lobby, corrisponda almeno alla volontà dei cittadini.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
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