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La Costituzione italiana è la più bella del mondo? Era una canzone degli Anni 50!

Creato il 05 aprile 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Giacomo Garra, Presidente di Sezione onorario del Consiglio di Stato

Che non sia vero quanto dicono i “LAUDATORES” della Costituzione italiana è dimostrato dai tanti tentativi di riforma costituzionale posti in essere come buoni propositi nell’arco di trent’anni e più di tentativi volti a migliorare la nostra Costituzione. Non mi sembra superfluo farne menzione ai nostri giovani e meno giovani.

Vorrei in primo luogo ricordare che nel corso della VIII Legislatura le intese all’epoca intervenute tra il Presidente del Senato del tempo Amintore Fanfani e il Presidente della Camera Nilde Iotti Togliatti avevano dato luogo a distinte e parallele iniziative parlamentari di riforma del testo costituzionale.

In particolare alla Camera dei deputati la Presidente Iotti, tutt’altro che fautrice di svolta autoritaria, con lettera del 15 settembre 1982 aveva invitato il Presidente della Commissione Affari Costituzionali del tempo a dare vita ad un Comitato di studio per l’esame dei problemi istituzionali.

Non starò qui a riferirvi le proposte emerse dai lavori di quel Comitato: è sufficiente che accenni ad alcune delle principali tematiche sin d’allora affrontate quali “bicameralismo o unicameralismo”? “i rapporti fra gli organi costituzionali nella formazione del Governo”, “sul tema della elezione diretta del Presidente della Repubblica e sulla sua non rieleggibilità”. In particolare sul tema dell’assetto del Senato non erano mancate sin d’allora voci volte a trasformarlo in Senato delle Regioni.

Sull’assetto del Consiglio Superiore della Magistratura il deputato Bozzi ne aveva denunciato l’eccessiva politicizzazione ed aveva auspicato una riforma idonea a contenerne le spinte politiche.

Per quanto attiene alla Corte Costituzionale era stata prospettata una riduzione della durata in carica dei giudici costituzionali ed altri avevano ipotizzato l’introduzione del ricorso diretto alla stessa Corte da parte di minoranze parlamentari.

Sulla tematica delle autonomie locali i componenti Del Pennino e Gianni avevano proposto la soppressione dell’ente provincia. Infine sin d’allora era stata auspicata una riscrittura del Titolo V della Parte II della Costituzione.

Il lavoro non venne portato a termine nella VIII Legislatura e venne ripreso nella IX legislatura.

Presieduta dall’On. Aldo Bozzi la Commissione bicamerale frattanto costituita iniziò i propri lavori il 30 novembre 1983 e dopo ben 53 sedute vennero consegnate dalla Commissione al Parlamento le relative proposte sulle quali non starò qui a dilungarmi. La IX legislatura giunse però al termine senza avere approvato alcuna legge di revisione della Carta repubblicana.

Ancora una volta l’iniziativa venne ripresa nella X legislatura, sempre però con lo stesso nulla di fatto. Si giunse poi alla XI legislatura eletta nella primavera del 1992 ed all’ennesima istituzione di una Commissione parlamentare per le riforme istituzionali presieduta dall’On. Nilde Iotti.

Il progetto di legge costituzionale esitato dalla predetta Commissione venne depositato alle Camere l’11 gennaio 1994 quando ormai mancavano poche settimane allo scioglimento anticipato delle Camere voluto dal Presidente Scalfaro ed alle elezioni politiche del 27 marzo 1994 senza che le Camere – prima dello scioglimento – avessero potuto avviare il dibattito.

Dopo il nulla di fatto anche nel corso della XII Legislatura un ritorno di fiamma si ebbe solo al termine della XIII Legislatura con il varo:

1) della legge costituzionale 23 gennaio 2001 n.1 che modificò l’articolo 56 della Costituzione con la previsione del numero dei parlamentari in rappresentanza dei cittadini italiani residenti all’estero;

2) con l’approvazione della legge costituzionale 31 gennaio 2001 n.2 per la riforma degli statuti delle Regioni ad autonomia differenziata dopo che con legge costituzionale 22 novembre 1999 n.1 erano stati modificati alcuni articoli della Costituzione attinenti all’assetto delle Regioni a statuto ordinario;

3) l’approvazione con maggioranza risicata della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3 che modificò ampiamente il Titolo V proprio quello del quale il Governo Renzi ha di recente proposto una radicale revisione dopo che centinaia di vertenze hanno visto contrapposti Stato e Regioni.

Nella XIV legislatura il Parlamento aveva poi approvato una riforma in senso federale e che prevedeva una consistente riduzione del numero dei deputati e dei senatori senza però la maggioranza dei due terzi. Secondo il vigente articolo 138 della Costituzione il testo approvato venne sottoposto a referendum e venne bocciato dagli elettori.

Si sono poi avvicendati i governi Prodi nella XV Legislatura e poi i Governi Berlusconi e Monti nel corso della XVI Legislatura, ma le riforme del testo della Costituzione sono rimaste al palo.

È cronaca recente quella del rilancio delle riforme ituzionali ad opera del Governo Renzi con l’alt alle stesse venuto addirittura dalla seconda carica dello Stato, ossia dal Presidente del Senato Pietro Grasso.

Sono tornate di moda le prese di posizione di coloro che continuano ad esaltare la nostra Costituzione come “la più bella del mondo” com’era nel ritornello di una nota canzone credo di Modugno ed arrivano ad accusare il Governo Renzi di volere una “deriva autoritaria”.

Attaccano sostenendo che si vuole “stravolgere la Costituzione” e che c’è “un attentato alla democrazia”. Ogni semplificazione del complicato ingranaggio statale viene da una frangia conservatrice definito un inizio di pericoloso “autoritarismo”.


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