Continuano gli interventi chiesti ad alcuni economisti sui 5 o 6 provvedimenti prioritari per rilanciare la crescita e L’OCCUPAZIONE PRODUTTIVA in Italia. Sono state già pubblicate le risposte di Pini, Pettenati, Messori, Vera Negri Zamagni, Stefano Zamagni e Costabile (prima parte).
Oggi risponde Anna Pellanda
Prof. ordinario di Economia Politica, Univ. di Padova
Le motivazioni economiche sono sì esplicative ma restano al contingente, ai fatti. Qui si vorrebbe andare al fondamentale, alle ragioni prime se è vero, sulla lezione di Romagnosi, che l’ordine di fatto è illuminato dall’ordine di ragione. L’“ordine di fatto” è molto deprimente e si palesa in una estesissima crisi di istituzioni quasi quotidianamente denunciata. A detenere il primato della corruzione sono organismi preposti alla gestione di fondi pubblici e alla conduzione della finanza, della tassazione, della cura ambientale ecc. ecc. E se il sistema nei suoi gangli dirigenziali è marcio, a cascata marciscono l’impresa e la famiglia.
Ricorrente nella stampa giornalistica e specialistica è l’accusa ai mercati, ma i mercati siamo noi. Pluridirezionali sono le denunce alla politica, ma i politici li eleggiamo noi. Dolenti e tragiche sono le cronache familiari ma a comporre le famiglie concorriamo tutti noi. È quindi tempo che si vada con “l’ordine di ragione” in profondità a scandagliare il dramma del sistema guardando con coraggio alla “nudità” dell’uomo. Un uomo, quello odierno, che è eminentemente ignorante non perché non è acculturato dal sapere superiore o universitario ma perché manca del senso di responsabilità nel lavoro e di rispetto nelle relazioni umane. Questa profonda, diffusissima ignoranza è dovuta all’abdicazione della formazione nella scuola pubblica e nella famiglia.
L’Italia non ha le grandi scuole di amministrazione pubblica o di formazione sociale che altri paesi europei hanno o avevano. Ha quindi bisogno di una struttura portante che educhi sin dall’infanzia al dovere a fronte dei diritti, alla responsabilità a fronte della libertà, alla disciplina a fronte della spontaneità. Solo così il politico verrà eletto in base ai suoi programmi di benessere pubblico, i mercati saranno regolati da leggi anti-trust, gli individui si rispetteranno a vicenda e così su per la china della rettitudine e dell’efficienza.
Se causa prima di crisi è l’uomo, causa seconda o rimedio è la sua formazione. Quindi la proposta per avere crescita deve puntare a sostenere con più mezzi possibili la scuola da quella dell’infanzia alla superiore. Chiaramente deve essere pubblica perché l’istruzione è un bene pubblico non divisibile, non escludibile e con prezzi tariffati; ma il concorso del privato, se rispettoso del dettato costituzionale, non deve essere né privilegiato né penalizzato. Importante è che l’impianto comune sia l’educazione civile che prepari fin dai primissimi anni l’individuo all’inserimento sociale. Tagliare la spesa pubblica destinata all’educazione è il più grande errore che i programmi politici in questo Paese hanno fatto e forse continueranno a fare.
Certamente come in tutti i settori pubblici vanno evitati sprechi, clientelismi e parassitismi. E ovviamente si dovrà tener conto che i beni pubblici non sono pochi. Ma prioritaria tra tutti è la scuola perché elemento portante della sanità, della giustizia, dell’ordine pubblico, della cultura artistico-paesaggistica, della cura ambientale. Solo con una scuola qualificata ed efficiente si crea la società civile e si stimola l’occupazione professionale. Più formati sono gli individui e più elevata è la loro produttività in tutti i campi. Più essi sono produttivi e più vengono richiesti e più si riduce la disoccupazione.
È quindi evidente il ruolo portante della classe insegnante che deve saper formare i cittadini non i sudditi. È necessario che i maestri della prima infanzia e i docenti delle scuole successive vengano selezionati in base alla loro preparazione tecnico-culturale e non per assistenzialismo pubblico o per raccomandazioni private. È indispensabile che vengano sottoposti a regolari verifiche per sondare il loro grado di aggiornamento culturale e di capacità didattica. Anche i programmi scolastici devono essere regolarmente testati perché non ricadano in possibili e noiose esercitazioni pseudo-culturali con nessun legame all’impegno civile e morale degli studenti.
Questo è chiaramente un piano a lungo termine ma l’urgenza di realizzarlo ne giustifica l’immediata adozione. Se si riuscisse a riformare nel senso anzidetto il sistema scolastico deriverebbero a cascata benefici là dove oggigiorno più necessari. A cominciare dalla piaga dell’evasione fiscale, specchio impietoso dell’ignoranza morale degli italiani legati alla visione dello stato-nemico e non di casa comune. Ma tutte le classi sociali beneficerebbero di questa formazione di base a cominciare da quella politica oggi prevalentemente dedita a coltivare i propri interessi personali. Anche i professionisti verrebbero rinnovati dai banchieri, che non devono più speculare sui depositi dei risparmiatori, ai magistrati che non possono più dilazionare i tempi della giustizia come attualmente succede trasformando il loro compito in “massima ingiustizia”.
Le leggi stesse, emanazione precipua dei governanti responsabili, devono rispecchiare l’impegno per la crescita e l’occupazione. Prioritaria attenzione, nella stretta economica odierna, va data all’imprenditorialità che deve essere incoraggiata dal ridimensionamento del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e dalla revisione dell’IRAP. Altra indispensabile riforma legislativa riguarda la burocrazia che attualmente vessa non solo gli operatori economici ma tutti i cittadini. Solo agendo sugli individui si curano i mali italiani perché questi non sono imputabili ad astratte istituzioni o a lontane responsabilità ma sono miserie di uomini incapaci di “essere norma a se stessi”.