Questa è la storia di un Paese immaginario nel quale ci sono personaggi immaginari. C'è il cavaliere Capitan Uncino, il ministro dell'economia Campanellino e tanti personaggi strambi. C'è anche il portavoce Spugna che prima era nei radicali. In questo Paese che non c'è, c'è una crisi che non c'è e tutto sono felice e partecipano al grande fratello. La televisione di questo Paese che non c'è ha il compito di infondere ottimismo per trascinare i consumi e solo pochi sono preoccupati. Questi bambini preoccupati sono l'opposizione che non c'è e aspettano un Pierluigi Peter Pan o una Emma Wendy. Nel Paese che non c'è si possono tagliare le tasse e mettere due aliquote.
Questo paese immaginario nasconde, come spesso accade nelle favole, una realtà ben diversa. Questa realtà è stata ben descritta dal mago Istat che spesso da numeri che alcuni non vorrebbero che ci siano. Nel 2008 la crisi che non c'è ha prodotto questa situazione: in totale sono 8 milioni e 78mila le persone povere nell'Italia che non c'è, il 13,6 per cento dell'intera popolazione. Le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa sono stimate nel 2008 in 2 milioni e 737mila (11,3 per cento). Il fenomeno è maggiormente diffuso al sud (23,8 per cento), dove l'incidenza di povertà relativa è quasi cinque volte superiore a quella del resto del Paese che non c'è. La crisi economica che non c'è ha aumentato un brusco aumento del tasso di disoccupazione (8,3% nel novembre 2009) e una quadruplicazione della cassa integrazione nel 2009.
Questo, cari bambini che non vogliono crescere, è il paese che c'è ed è fatto di poveri, precari e disoccupati.