La crisi economica in soldoni

Creato il 22 ottobre 2011 da Dailyblog.it @daily_blog

Di Gianni Pardo il 22 ottobre | ore 08 : 14 AM


Stratfor pubblica uno schemino (una trentina di parole, forse con sottile intento umoristico) da cui risulta che, comunque ci si comporti, si finirà con l’avere una crisi bancaria internazionale. Che si abbuoni in tutto o in parte il debito della Grecia (e degli altri Paesi che sicuramente lo chiederebbero anche loro: Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Francia e Belgio), che si conceda una ristrutturazione di quel debito o che si lasci ognuno fare quello che vuole, il risultato è sempre una “Banking crisis” o una “Severe Banking crisis”. Forse sarà così, forse non sarà così, certo si rimane un po’ stupiti nel vedere come il problema riguardi tanti Paesi, inclusi gli Stati Uniti. Il debito di questo immenso Paese fa paura agli americani e anche alla Cina che sarebbe il primo “creditore non rimborsato”. È sperabile che a queste tragedie non si arrivi: ma come si è determinata la situazione presente?
Vengono in mente molte cause: per esempio un interessato stravolgimento delle teorie di Keynes; la fiducia in un’infinita crescita, sia economica che demografica; l’ottimismo demagogico delle sinistre al potere (in Italia la Dc, all’epoca del consociativismo col Pci); il cinismo di chi, per governare, comprava il consenso e altro ancora. Argomenti per i quali si richiede un’enorme competenza specifica, tanto che qui si preferisce una parabola.
C’era una volta un proprietario la cui campagna produceva tutto ciò di cui si cibavano gli abitanti del villaggio. Praticava buoni prezzi e pareva che le cose potessero andare avanti così per sempre. Poi un giorno un ragazzino, scavalcò la recinzione e rubò un frutto. Tornato in paese, raccontò l’impresa agli amici i quali, pur ammirando il suo coraggio, un po’ si meravigliarono: “Non c’erano dunque dei guardiani?”. Qualche giorno dopo un altro andò a rubare qualcosa e confermò che non c’era nessun sorvegliante. Naturalmente tutti i ragazzini si misero a rubare e i loro genitori, che da prima li avevano aspramente rimproverati, presto si convinsero che, dopo tutto, era più conveniente andare a prendere i prodotti gratis che pagarli. Lo fecero anche i contadini, sicché la campagna andò in malora, si desertificò e fu la carestia: non c’era più cibo, né rubandolo né comprandolo.
In Europa è avvenuto qualcosa di analogo. Qualche governo ha cominciato a contrarre debiti per concedere ai propri cittadini vantaggi non guadagnati e gli altri hanno visto che tutti erano contenti e non succedeva niente di negativo. Non c’erano sorveglianti. E allora tutti si sono messi a contrarre debiti. Alcuni a livelli demenziali, come la Grecia, ma tutti in modo deplorevole. Tanto che è considerato “virtuoso” un Paese che ha un debito nazionale corrispondente al 60% del prodotto interno lordo.
Il pagamento dei beni di consumo non è un optional. Come diceva Milton Friedman, “nessun pasto è gratis”. Il sogno di avere dei vantaggi senza produrli – per esempio prendendoli a credito senza poi pagarli – non conduce da nessuna parte. O meglio, conduce al disastro. Sono concetti banali, se si vuole, ma per lunghi anni si sono dimostrati indigeribili. Se qualcuno poteva definire il salario “una variabile indipendente” era segno che i Paesi si guidavano in base a principi molto più alti, sociali e solidali della Tavola Pitagorica. Se i cittadini chiedevano qualcosa non si poteva dire di no in base alla sciocca considerazione che non si avevano i soldi per dire di sì. In quel tempo due più due poteva anche fare tredici virgola tre.
Col tempo i nodi sono venuti al pettine. Si è scoperto – ma guarda! – che i creditori vogliono essere rimborsati. Anzi, sono talmente malvagi che se cominciano a credere che la controparte forse non sarà nemmeno in grado di pagare gli interessi sul debito pensano di chiedere il fallimento.
Gli Stati non falliscono come le salumerie, naturalmente. Ma la totale perdita di affidabilità finanziaria di una nazione ha conseguenze così gravi che per evitarle si è disposti ad affrontare il rischio di una rivoluzione: si pensi alla Grecia.
Purtroppo il problema non riguarda soltanto un Paese. L’Europa si è imbarcata nella demenziale impresa di avere una moneta unica senza avere una politica unica e oggi il rischio è l’effetto domino. Molti Stati potrebbero andar giù come birilli. E tutto questo per aver dimenticato che i frutti della campagna si devono pagare.
giannipardo@libero.it


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