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La critica negativa – Parte III: umiltà vs tappetino

Da Ayameazuma
La critica negativa – Parte III: umiltà vs tappetino

La critica negativa – Parte III: umiltà vs tappetino

Posted by IceLady on set 14, 2011 in Blog, Consigli scrittevoli | 0 comments

Quest’ultimo articolo sulla critica negativa vuole essere solo una chiacchierata informale tra autore e commentatore, soffermandosi su quelle situazioni in cui la critica esce dagli argini di un parere, come dire, “professionale” e sfocia in qualcosa di più personale.

A tutti gli aspiranti scrittori è capitato una volta o l’altra di trovare qualcuno a cui non piacesse il loro testo e che gli abbia rifilato una critica negativa anche pesante, magari con un tono particolarmente caustico se non addirittura offensivo.

Nel primo articolo dicevo che per un autore è importante l’umiltà, l’accettare di commettere degli errori e di aver scritto qualcosa che non sia particolarmente brillante o coinvolgente. Quindi di fronte a chi ci fa notare i difetti dei nostri scritti bisogna mostrarsi umili e avere il coraggio di ammettere di aver sbagliato.

Ma penso che ci sia un grosso “ma” che è il tema centrale di questo articolo.

Ci sono linee che non dovrebbero essere mai superate, una di queste è quella che trasforma l’autore da umile a vero e proprio tappetino su cui il commentatore si pulisce le scarpe senza il minimo ritegno. Intendo quelle situazioni in cui chi commenta dimostra arroganza, eccesso di sicurezza in se stesso e una sgradevole acidità che lo porta a esprimersi in toni sprezzanti e offensivi non solo verso il testo ma addirittura verso la persona dell’autore.

Questo succede nel momento in cui il commentatore si ammanta di un non ben identificato complesso di superiorità e sputa sentenze lapidarie quali “il testo fa schifo, l’autore è analfabeta, cretino, incapace, spero che muoia” e altre amenità simili. Tutto questo si estende anche ai commenti maligni, il tono paternalistico, le battutine e le frecciate al limite della presa in giro.

Qui mi faccio portavoce di tutti gli scrittori e aspiranti tali, per dire chiaro e tondo chegli autori sono persone come tutte le altre, né migliori né peggiori di chi commenta, e come tutte le persone, nel rispetto della convivenza sociale vanno trattate con educazione. Essere lettori non dà nessun particolare privilegio e nessun particolare potere. Se leggete un testo e il testo non vi piace, sono cose che succedono. Non è un reato scrivere brutti testi e anche i libri che vendono milioni di copie possono essere soggettivamente brutti.

Fare gli stizziti, i supponenti e prendersela con gli autori è un atteggiamento superficiale e infantile.

Ogni racconto, ogni libro, ogni parola scritta è una storia, è un messaggio. Lo scrittore è l’ambasciatore e ambasciator non porta pena. Quello che sto dicendo non è che si debba far finta di nulla e dire “che bello” davanti a un testo orrendo, ma solo dire quello che si pensa senza essere per forza acidi o offensivi come se si stesse parlando con una bestia da soma anziché con una persona.

Il motivo per cui dico questo non è perché voglio difendere i poveri piccoli scrittori oppressi, ma perché, ribadisco il concetto, uno scrittore (o aspirante tale) non è uno zerbino e non c’è nessunissimo motivo in terra per cui debba prostrarsi e incassare gli insulti senza proferire parola. Se insultare un autore per un testo che ha scritto è già di per sé stupido, lo è ancora di più prendersela nel momento in cui questo reagisce agli insulti.

Siamo tutti esseri umani e abbiamo tutti il nostro piccolo angolo di orgoglio. E l’unico modo per andare avanti è ingoiare i rospi e non lasciarsi abbattere e schiacciare dalle critiche, soprattutto da quelle più violente, anche se motivate.

Per quanto mi riguarda, il fine non giustifica i mezzi.

Così come i critici hanno libertà di espressione, anche gli autori hanno la libertà di dare retta a chi preferiscono. Tra le due posizioni, non ce n’è una che sia superiore all’altra.

E, come detto nell’articolo precedente, anche i critici a volte sbagliano.


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