I diciannove anni dell'indipendenza croata
di Marina Szikora [*]
Il 15 gennaio la Croazia ha celebrato i dicannove anni dal suo riconoscimento come stato indipendente. In questi anni di maturita' il cammino verso l'Europa si e' mostrato molto lungo e spinoso, se considerata l'esperienza degli ultimi arrivati nella famiglia europea, a partire dalla grande ondata di allargamento ai dieci paesi e successivamente l'ingresso degli ultimi due paesi, Bulgaria e Romania. Dei due maggiori obiettivi della politica estera croata dalla sua indipendenza, che sono l'adesione alla NATO e all'Ue, finora e' stato realizzato solo il primo, mentre per quanto riguarda il secondo, viste le attuali previsioni, e' reale che Zagabria aderisca all'Ue all'inizio del 2013.
A diciannove anni dal suo riconoscimento, da un paese caso, cioe' quello che aveva bisogno di aiuti, la Croazia è diventata oggi un partner affidabile che partecipa attivametne in molte operazioni di pace nel mondo. Dicannove anni dalla conquista dell'indipendenza e della liberta', nella regione in cui si trova, la Croazia e' indubbiamente leader dello sviluppo democratico. Un paese che ha avuto la forza per le riforme, anche quelle dolorose, un cammino che dovranno intraprendere e superare tutti i suoi vicini ed altri paesi che aspirano alle integrazioni euroatlantiche. Come ricorda la stampa croata, nelle ultime tappe dell'avvicinamento all'Ue, ci chiediamo giustamente se questo obiettivo poteva essere realizzato piu' velocemente e se la Croazia poteva gia' essere membro a pieno titolo dell'Ue.
Purtroppo, la giornata che celebra il riconoscimento dell'indpendenza, e' passata anche nell'ombra di proteste dei difensori croati, svoltesi nella capitale e a Spalato. Tutto come seguito delle ultime vicende che hanno visto alcuni difensori croati ultimamente arrestati perche' accusati di crimini di guerra. Tra questi il caso clamoroso di Tihomir Purda che attualmente e' tenuto in arresto in BiH perche' su di lui pende un mandato di cattura internazionale, richiesto dalla Serbia per presunti crimini di guerra contro i serbi. Allo stato attuale il caso dovrebbe essere risolto in modo che Purda sara' estradato in Croazia per essere sottoposto ad un processo davanti al tribunale locale.
Dopo diciannove anni la vita e la sorte di quelli che hanno messo a rischio la loro vita o che sono deceduti per la liberta' ed indipendenza del loro Paese, non hanno ancora il riconoscimento che meritano ma sono in molti ad essere sottoposti a manipolazioni politiche, in particolare con l'avvicinarsi delle elezioni. Come scrive il quotidiano di Zagabria 'Vjesnik', "se non ci fossero stati loro, non ci sarebbe la Croazia di oggi, ne' la liberta', ne' l'indipendenza. Purtroppo, con il passare degli anni, questo viene sempre meno rilevato, e inutilmente vengono politicizzate le circostanze in cui vivono e lavorano gli ex difensori che alla Croazia hanno acconsentito la liberta'. Se la Croazia non si avesse liberata da sola, nessuno le avrebbe donato la liberta'. Solo quando la Croazia, nel pieno della guerra e dell'agressione aveva mostrato e dimostrato di essere capace ad organizzare la difesa e liberare il territorio, allora anche la comunita' internazionale accetto' tutto quello che il paese aveva richiesto. Questo ha aperto la via verso l'indipendenza", ricorda 'Vjesnik'.
A commentare la vicenda, come sempre, e' stato il capo dello stato Ivo Josipović. Il presidente croato ha sottolienato che proprio i difensori sono "l'orgoglio della Croazia", che hanno "creato questo paese con il loro impegno e con i loro sacrifici". Commentando il caso dell'arresto di Tihomir Purda, Josipović ha detto che si tratta di una situazione che e' risultato di certi fallimenti ad esaminare le informazioni relative ai casi penali che per anni "venivano spinti sotto il tappeto". Parlando del caso che ha sconvolto in questi giorni la Croazia relativo ad una lsita di 300 presone che in Serbia sarebbero accusate di crimini di guerra, Josipović ha detto che si tratta di una lsita "del tutto irrelevante e falsa" aggiungendo che e' necessario scorprire come e' apparsa questa lista e qual'e' il suo obiettivo. "Non ci sono le ragioni di preoccupazione che ogni difensore che passera' il confine verra' arrestato" ha tranquillizzato il Presidente e ha rilevato che sono proprio i difensori quelli che hanno maggiormente indebitato il Paese per il suo riconoscimento internazionale. "I difensori, ma anche tutti i cittadini meritano di sapere la verita'" ha detto il presidente Josipović.
C'e' da sottolineare che l'unita' del Paese come ai tempi sconvolgenti del 1992 non si e' mai piu' ripetuta. Furono gli anni delle prime riprese dalla piu' grande ondata di agressione serba. La pace firmata a Sarajevo il 2 gennaio 1992 era la prima precondizione per l'inizio del rinnovamento e dello sviluppo post guerra. La guerra in effetti non era ancora finita poiche' quasi un terzo del territorio fu ancora occupato dalle forze serbe. Sul territorio croato liberato si trovavano invece centinaia di migliaia di profughi mentre molti militari e civili croati furono tenuti nei campi di concentramento in Serbia. Nonostante le sfumature tra i partiti politici, nell'estate 1991 non ci fu nessuna forza politica rilevante che si opponeva all'indipendenza della Croazia e l'unita' del paese, come ci ricordiamo in questi giorni, si manifesto' innanzitutto nella formazione del Governo dell'unita' nazionale, guidata da Franjo Gregurić in cui ci furono rappresentanti da tutti i partiti politici dell'epoca. Il partito di tutti i poltiici fu la Croazia. E' in quei anni che vi fu anche l'impegno del Partito radicale transnazionale e l'iniziativa straordinaria di Marco Pannella e dei suoi compagni che a Capodanno del 1991 indossarono la divisa croata e si recarono ad Osijek sotto le bombe, e da nonviolenti chiesero l'immediato riconoscimento della Croazia e della Slovenia, avvertendo gia' allora che la guerra di agressione si sarebbe trasferita anche in BiH.
Dopo l'indipendenza ed i riconoscimenti da parte degli stati europei e mondiali, seguirono gli anni di costruzione e sviluppo. Ma anche se i problemi della guerra e del dopo guerra sono ormai il passato, i cittadini croati hanno molte ragioni per essere oggi insoddisfatti, guardando a molte occasioni perse, in particolare quelle economiche. In primo piano i danni di colloro che hanno considerato lo stato e le sue risorse come proprieta' privata. Tutto cio' ha rallentato molto il processo di adesione della Croazia all'Ue, soprattutto per il fatto che il Paese nel senso economico e sociale era piu' avanti rispetto ad alcuni nuovi stati membri dell'Ue. Ma solo in questa fase finale del processo di adesione croata si e' inizato a fare i conti con la corruzione e criminalita' organizzata.
"La Croazia per lungo tempo nella storia e' stata un muro, e adesso finalmente e' un ponte, forte e necessario" ha detto il presidente croato Ivo Josipović venerdi' scorso al ricevimento dell'Anno nuovo per i rappresentanti diplomatici in Croazia. Il capo dello stato croato ha lanciato un appello agli ambasciatori dei paesi membri dell'Ue ad impegnarsi presso i loro governi per una piu' veloce conclusione del processo di negoziati di adesione della Croazia. Al tempo stesso, Josipović ha promesso di continuare a sollecitare il Governo e il sistema giudiziario nella indispensabile lotta alla corruzione e criminalita' organizzata che come ha sottolineato "impoverisce i cittadini e quando e' organizzata presso lo stesso vertice dello stato, rappresenta un'azione criminale congiunta contro il benessere dei cittadini".
[*] Il testo è parte della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 18 gennaio a Radio Radicale