Nella serata di lunedì 19 ottobre, la Croazia ha riaperto la frontiera con la Serbia, dopo averla chiusa per alcune ore. Circa 3mila migranti erano rimasti bloccati sotto la pioggia per un giorno e una notte tra i due Paesi, all'altezza del villaggio serbo di Berkasovo.
Melita Sunjic, portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), ha spiegato che “il confine è stato aperto senza che ci fossero stati annunci, tutti quanti si sono accalcati per passare”.
L’Unhcr stima che attualmente ci sono oltre 10mila migranti bloccati in Serbia, più del doppio rispetto alla media giornaliera dello scorso mese. “È come un fiume ma fatto di persone, se si ferma il suo corso, si provocano inondazioni. Questo è quello che sta accadendo adesso”, ha affermato Sunjic.
Nelle ultime settimane, a causa della chiusura del confine da parte dell’Ungheria con la Serbia lo scorso 15 settembre, il flusso di rifugiati si è riversato lungo il confine serbo-croato, dove quotidianamente arrivano oltre 5mila persone dirette verso la Slovenia e l'Austria.
La Slovenia ha però annunciato che non accetterà più di 2.500 persone al giorno. “La Croazia sta ignorando le nostre richieste e i nostri piani” ha detto Bostjan Sefic, segretario di Stato al ministero dell’Interno sloveno. Sefic ha poi avvertito che, se la portata degli arrivi resterà la stessa, la Slovenia dispiegherà l’esercito alla frontiera.
Sia la Slovenia che la Croazia hanno comunicato che non fermeranno i migranti fino a quando Austria e Germania manterranno le porte aperte.
Il ministro degli Interni croato Ranko Ostojic ha avvertito che una chiusura delle frontiere causerebbe un effetto domino, scaricando il problema degli arrivi sui Paesi confinanti.
Medici Senza Frontiere ha comunicato che tra domenica 18 e lunedì 19 ottobre più di 9mila persone sono arrivate in Grecia, 5mila delle quali solamente sull’isola di Lesbo.
L’Unione europea sta mediando con la Turchia per l’adozione di un piano congiunto sull’immigrazione volto a fermare le partenze dei rifugiati per l'Europa in cambio di un finanziamento pari a circa 3 miliardi di euro da destinare al governo turco e di un allentamento nelle restrizioni politiche circa l'ingresso di Ankara nell'Ue.
Fonte: The Post Internazionale