La croazia verso il referendum contro il matrimonio gay

Creato il 28 novembre 2013 da Pasudest
Domenica 1° dicembre si vota Croazia il referendum che propone di inserire nella Costituzione la definizione del matrimonio come unicamente “un'unione tra un uomo e una donna”. Secondo i sondaggi di questi ultimi giorni oltre i due terzi dei cittadini croati domenica voterà a favore della proposta, meno del 30% si dichiara contrario, mentre la percentuale degli indecisi appare assai esigua. La consultazione popolare, la prima mai organizzata in Croazia, è stata promossa da un gruppo di associazioni vicine alla Chiesa cattolica che nel maggio scorso hanno raccolto 750 mila firme (pari a quasi il 20% dell'elettorato) per ''evitare che un giorno in Croazia vengano legalizzati i matrimoni omosessuali”, specie dopo quanto accaduto in Francia recentemente. Per il “sì”, oltre alla Chiesa cattolica, sono schierati anche i vertici della minoranza ortodossa e di quella musulmana insieme ai partiti di centro-destra. Il governo, i partiti di centro-sinistra e una fetta significativa della stampa e del mondo accademico sono invece schierati per il “no”.
Qui di seguito la trascrizione della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio aSud Est andata in onda oggi 21 novembre a Radio Radicale.
In vista del referendum sul matrimonio in Croazia, non cessano analisi, polemiche e commenti su questo tema e si fa sempre piu’ intensa la campagna referendaria. E’ anche una battaglia tra governativi che invitano apertamente a votare ‘no’ al referendum e dall’altra parte l’opposizione conservatoria e le organizzazioni non governative che hanno promosso l’iniziativa, tutti loro con un forte appoggio da parte della Chiesta cattolica i quali invitano i cittadini a votare ‘si’ al referendum di domenica. Come vi abbiamo gia’ informato, domenica, primo dicembre, i cittadini croati si recheranno al referendum per rispondere alla domanda se si e’ favorevoli all’inserimento nella Costituzione di un articolo che definische il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna.
Sul tema si e’ espresso anche il capo dello stato Ivo Josipović. Recentemente, in una intervista al quotidiano croato ‘Večernji list’ Josipović ha parlato di questo tema che inevitabilmente sta al centro dell’attenzione pubblica ma soprattutto mediatica. Non volendo generalizzare le ragioni che hanno spinto la societa’ croata al referendum, il presidente Josipović ritiene che indubbiamente c’e’ gente che ha aderito a questa iniziativa per motivi di convinzione. Dall’altra parte, anche in questo caso ci sono quelli che vogliono utilizzare il referendum per la loro politica, una cosa non illegittima ma di cui bisogna esserne consapevoli. Quando si tratta del meritum, precisa Josipović, il piu’ importante e’ che la definizione del matrimonio in quanto unione tra uomo e donna non viene contestata da nessuno. Non si tratta quindi di qualcuno che vuole distruggere la famiglia o il matrimonio, rileva il Presidente, ma il problema e’ che si manda un messaggio che molti e lui stesso vedono come discriminatorio.
Josipović si e’ detto fiducioso che presto si avra’ una legge liberale sulle unioni omosessuali. I paesi di tradizione democratica, quasi senza eccezione, non hanno una definizione del matrimonio nella loro Costituzione, spiega Josipović e aggiunge che in caso contrario si manda inutilmente un messaggio discriminatorio. Il presidente croato fa riferimento anche alla prassi della Corte europea per i diritti umani secondo la quale un matrimonio omossessuale non e’ un diritto convenzionale ma sottolinea che esso esiste in quanto possibilita’ e che molti paesi l’hanno accettata. Dalle spegazioni delle decisioni di questa corte si puo’ intraverdere anche l’evoluzione del pensiero umano sulle unioni omossessuali. Che la scelta dell’unione rimanga una questione di decisione personale, di una scelta che non avra’ come risultato la discriminazione, questa e’ la posizione del presidente Josipović. L’importante e’ garantire l’uguaglianza della gente e il diritto delle persone quale che sia la forma dell’unione in cui hanno scelto di vivere, che non siano per questo dicriminati e che possano regolare legalmente la loro relazione. Si chiami matrimonio o diversamente, di questo si puo’ancora discutere, dice il presidente croato.
Infine, sull’inevitabile posizione della Chiesa cattolica in Croazia, Josipović concorda che la Chiesa segue la sua dottrina ma resta questione aperta fino a che punto essa deve avere un ruolo attivo nel campo della politica e fino a che misura essa abbia il diritto di condannare e perfino attaccare quelli che non condividono il suo punto di vista. Secondo il presidente Josipović, soprattutto a causa dell’influenza e del potere che la Chiesa cattolica ha in Croazia, bisogna vedere se per la societa’ e per la democrazia e infine per la stessa Chiesa, vada bene che essa entri nelle questioni della politica quotidiana e che si assuma un ruolo di attivista. Questo vale soprattutto quando si tratta di un chiaro impegno politico dalla parte di una sola opzione. Cio’ vuol dire allora che la Chiesa entra nell’arena politica e viene sottoposta a tutte le regole del gioco politico. Attacca e viene attaccata, accusa ma viene anche accusata. Se questo vada bene per la sua missione, la Chiesa lo deve valutare da sola, conclude il presidente Josipović.

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