La croce della farmacia

Da Mercedescoach

Esco di casa ogni mattina presto e, nel tentativo di inquadrare la realtà, mi guardo intorno per coprire la voce "spazio" e alzo lo sguardo verso la croce verde lampeggiante della farmacia per coprire la voce "tempo". Lo spazio non delude mai (o quasi, d'inverno una volta c'era tanta nebbia che non trovando il portone con lo sguardo, lo cercai tastando, e con le mani sul muro mi sono fatta tutto il giro del cortile, passando dai cassonetti per plastica, carta e umido, le inferriate umide e polverose delle finestre, i giochi dei bambini, la scala b su e giù, le cantine, finché sono arrivata alla mia porta, che riconobbi dalla mancanza di pupazzo natalizio, e lì sono rimasta tutto il giorno), ma sono anni aspetto di vedere che al mio primo sguardo la croce mi risponda con l'ora. Invece no: umidità, data, e un'altra combinazione di numeri che non ho ancora capito ma penso siano una coordinata nel caso ci osservino da altri pianeti; vado avanti oltre lei, e continuo a girarmi fino ad arrivare all'angolo, ma l'ora non lo mai vista. Ogni tanto facevo finta di niente per qualche passo, come se non mi interessasse e poi mi giravo di scatto, mai beccata lo stesso.
Fino a quando un giorno, abbandonando l'idea che la croce avesse vita propria, mi rassegnai a questa casualità ostinata, e mi organizzai. Mi legai la mano all'orologio di un cardiofrequenzimetro mai usato e uscì dal portone, mi guardai intorno accertando "spazio" e con fare vincente piegai il gomito e mi guardai il polso: c'èra un cuore pulsante accanto a un 75. E sulla croce una linguaccia.