Con l’avvicinarsi del Natale, la classica domanda che gira per casa mia in questi giorni è: “Quando ci troviamo per fare i cappelletti?”. E la domanda che segue, subito dopo aver stabilito il giorno, è: “Compriamo la roba per fare il brulè?”. Perché una delle tradizioni tipiche del Natale, almeno a casa mia, è quella in cui qualche sera prima del 25 Dicembre le cinque donne della famiglia si ritrovano insieme per preparare i cappelletti e approfittano dell’occasione per deliziarsi con un buon bicchiere di brulè. Del nostro modo di preparare il vin brulè vi ho già parlato tempo fa; se vi incuriosiscono i cappelletti, pazientate solo qualche giorno: ho in serbo per voi una sorpresina niente male
Proprio l’accostamento tra vin brulè e cappelletti mi ha fatto ripensare a un’altra bella famiglia che ho avuto la fortuna di conoscere qualche mese fa durante il mio primo viaggio in Umbria: la famiglia Andreani.
Photo Credit: Gastronomia Andreani
Il mio primo incontro con il cuore verde dell’Italia, infatti, è avvenuto grazie agli Andreani, che insieme a Silvia hanno organizzato il contest “Gustando l’Umbria”: come vincitrice, oltre a un soggiorno alle Residenze L’Alberata mi aspettava anche un mini-corso di cucina insieme a Mamma Cuoca. Del magnifico weekend che ho trascorso a Collepepe (PG) non ho ancora raccontato nulla. Poi oggi mi è venuto in mente che insieme a Mamma Cuoca e alla dolcissima Chiara era nata l’idea di organizzare un corso di cucina inter-regionale durante il quale io avrei dovuto insegnare a preparare proprio i cappelletti romagnoli. E tra una ricetta e l’altra avremmo trovato anche il tempo per rilassarci sul divano, di fronte al camino acceso nella sala del Ristornate L’Alberata, con un bel bicchiere di vin brulè.
Photo Credit: Gastronomia Andreani
Con questi pensieri in mente, insieme a un’idea che mi frulla in testa già da un po’, mi sono detta che questo sarebbe stato il momento ideale per introdurre una nuova rubrica che troverà spazio qui sul blog: “Le ricette del viaggiatore”. Considerando che mi piace molto approcciare le mete dei miei viaggi dal punto di vista enogastronomico e visto che dilettarmi ai fornelli è un’altra delle mie passioni, ho pensato di riunire questi due aspetti in un unico filone narrativo che prende spunto dai piatti tipici che mi capita di assaggiare durante i miei viaggi. Le ricette del viaggiatore nascono quindi così: proverò a riprodurre a casa i piatti locali, le specialità tradizionali e le ricette regionali che per un motivo o per un altro mi sono piaciuti di più, cercando di scoprire se la produzione casalinga si avvicina all’originale.
Photo Credit: Gastronomia Andreani
Per l’impasto base della torta al testo occorrono: 300 gr di farina; 20 gr di lievito di birra; 2 bicchieri di acqua tiepida; 1 cucchiaio d’olio evo; 1 pizzico di sale. Dopo aver versato la farina a formare la classica fontana, si versa all’interno l’olio e il lievito di birra sciolto in poca acqua. Si impasta continuando ad aggiungere acqua a poco a poco, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Dopo averlo lasciato riposare per qualche minuto, con il mattarello si stende l’impasto dandogli la forma di un disco dello spessore di 1 cm. Con una forchetta si bucherella la superficie della torta prima di cuocerla sul testo per 10-15 minuti, rigirandola 3-4 volte.
Come la piadina romagnola, la torta al testo semplice si può tagliare a metà e farcire con i salumi (noi abbiamo optato per il prosciutto crudo), oppure con la nutella; in alternativa, si possono unire altri ingredienti direttamente nell’impasto e ottenere le varianti più disparate, a seconda della vostra fantasia. Quelle più sfiziose, a mio avviso, sono la torta al testo con prugne secche e pancetta e quella con pecorino e noci, in assoluto la mia preferita.