La storia mondiale è piena di pagine nere per la cultura, in tutte le sue componenti (letteratura, cinema, arte, ecc.). Ciò che avvenne dagli anni ’60 agli ’80 del secolo scorso in alcuni stati dell’America latina, – e in particolare in Argentina – però, ha qualcosa di tristemente unico. Alla repressione “fisica” di tutto ciò che poteva rappresentare avanzamento, crescita e apertura, si accompagnò una serie di iniziative volte alla vera e propria “colonizzazione delle anime”, così come la definì il sociologo Max Weber.
È questo il fulcro del libro Golpe ai libri. La repressione della cultura durante l’ultima dittatura militare in Argentina (1976-1983) (titolo originale Un golpe a los libros. Represión a la cultura durante la última dictadura militar) di Hernán Invernizzi e Judith Gociol, frutto della collaborazione di due diversi ma paralleli progetti di ricerca nati indipendentemente l’uno dall’altro. “Repressione e cultura” nasce nel 2000 dalla Defensoría del Pueblo della città di Buenos Aires, con l’intento di osservare la nascita, lo sviluppo e le conseguenze della repressione della cultura ai tempi della dittatura di Jorge Rafael Videla; “Un golpe a los libros” si è da subito occupato di libri, autori ed editori perseguitati, alle dipendenze della Segreteria di Culturale del governo della capitale argentina. Così, nel 2002, condividendo l’idea che la cultura fosse l’obiettivo primario della dittatura militare argentina, le due iniziative hanno unito i propri sforzi e iniziato una ricerca condivisa. La repressione, sebbene da molti negata o sminuita, era affidata a militari spesso poco istruiti e ciò è provato dalle censure ordinate anche a quei titoli che, apparentemente, potevano contenere elementi pericolosi; ad alcune materie scolastiche che, nei propri programmi, prevedevano concetti “pericolosi”; a libri per bambini e ragazzi che facevano riferimento a riunioni e scioperi, eccetera.
