Si fa finalmente sentire uno dei più attesi effetti del Decreto Valore Cultura, approvato lo scorso agosto dal Consiglio dei Ministri come risposta alla crisi culturale di un Paese che sul suo patrimonio storico-artistico ha costruito la propria identità. Il provvedimento prevede dunque una serie di importanti interventi finalizzati, nel complesso, al rilancio di un'idea di Cultura intesa non più come bene dato e scontato, ma come valore aggiunto in grado di creare lavoro e attrarre investimenti, oltre che turisti. Grande attenzione viene riservata quindi al recupero di Pompei, alla tutela di fondazioni culturali e lirico-sinfoniche, alla valorizzazione del cinema e dei siti museali e artistici che ospitano i più grandi tesori della Storia e della Cultura italiana.
Ma soprattutto, al grido di "Diamo lavoro a 500 giovani per la cultura!", il Governo Letta si è impegnato a creare opportunità professionali per 500 giovani da impiegare in un progetto di catalogazione e digitalizzazione del patrimonio culturale del Paese. Iniziativa lodevole, questa, che avrebbe dato una prospettiva a quella miriade di laureati, specializzati e operatori culturali che, dopo avere investito tutto sulla loro formazione umanistica, si ritrovano irrimediabilmente disoccupati o, nella migliore delle ipotesi, precari. Ora che è stato pubblicato il bando con scadenza al 21 gennaio, si cominciano però ad avvertire i limiti (mi si passi l'eufemismo) di questa manovra.
Innanzitutto i requisiti estremamente stringenti per partecipare alla selezione: i candidati che presentano la domanda non devono avere più di 35 anni alla data di pubblicazione del decreto (9 agosto 2013), devono essere in possesso di una laurea in ambito umanistico conseguita con votazione minima di 110/110 (o, in alternativa, un diploma di archivistica con votazione minima di 150/150) e devono avere una conoscenza molto buona della lingua inglese, comprovata da certificazione di livello almeno B2. Si cercano dunque giovani altamente qualificati, con titoli universitari elevati e certificati di eccellenza, con alle spalle possibilmente esperienze di stage, master e corsi formativi post laurea (questi permetteranno di ottenere punti extra nella graduatoria finale). Fin qui nulla di strano: visto il gran numero di persone laureate, è evidente la volontà di effettuare un prescreening sulla base di requisiti oggettivi, restringendo il cerchio ad un gruppo di pochi "virtuosi" che parteciperanno al concorso vero e proprio. Meritocrazia prima di tutto, sembra.
Il fatto discutibile è che se da un lato si cerca l'eccellenza, dall'altro questa stessa eccellenza non viene affatto valorizzata. Nel bando si legge infatti che il programma formativo non dà luogo in alcun modo alla "costituzione di un rapporto di lavoro"; tuttavia i candidati prescelti di fatto lavoreranno ben 12 mesi per 30/35 ore alla settimana, dietro un compenso di 5000 euro, lordi e annuali. Che, con un semplice calcolo, fa 3 euro all'ora. Il tutto senza ferie, rimborsi, nè buoni pasto. Guai a chiamarlo "stipendio" però: si tratta di un programma di formazione e quindi i 5000 euro lordi annuali corrispondono ad un'indennità di partecipazione, che verrà oltretutto decurtata nel caso di assenze non giustificate. Inoltre, concluso questo progetto annuale, i "giovani" in questione (tipico solo dell'Italia appellare giovani anche persone con 35 anni suonati) saranno di nuovo al punto di partenza, cioè a casa, dato che il bando precisa che "il rilascio dell'attestato (rilasciato al termine dell'attività formativa) non comporta nessun obbligo di assunzione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo". Fallito quindi anche l'obiettivo dichiarato di combattere la disoccupazione creando nuovi posti di lavoro nel settore culturale.
Inutile dire che anche questa volta il Governo italiano ha perso una buona occasione per cambiare davvero le cose, per valorizzare davvero una categoria bistrattata che dovrebbe invece essere posta a guida del Paese, puntando su un intervento di facciata che mortifica e svilisce ulteriormente i giovani. Intanto la polemica dilaga, su Internet e non solo.
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