La cultura underground – Mario Maffi

Creato il 04 aprile 2012 da Maxscorda @MaxScorda

4 aprile 2012 Lascia un commento

Corposo testo che analizza la cultura underground dagli inizi, diciamo di massima dal dopoguerra fino ai primi anni ’70. Tanti sono i libri sull’argomento ma l’opera di Maffi si distingue per essere stata redatta negli anni in cui gli avvenimenti erano ancora in corso, con l’occhio attento e la mente rivolta all’attualita’.
Scritto nel 1972, ripubblicato nel 1981 e nuovamente nel 2009, leggiamo le tre introduzioni che fissano con paletti temporali ben precisi il cambio per cosi’ dire di umore dell’autore che ci tiene a mettere in chiaro che malgrado lo Zeitgeist completamente mutato, nulla e’ stato toccato lasciando inalterato l’impianto del testo generale, prendendosi cosi’ una seria responsabilita’ intellettuale.
Cultura underground, rivoluzione politica ed artistica, come se fosse stato possibile scindere le due cose.
Non solo uno spaccato del periodo ma una cronaca estremamente precisa con nomi e gruppi, da decenni questi seppelliti sotto la polvere del tempo, della vergogna a volte o semplicemente dell’infame codardia di chi nasconde il passato proprio o dei suoi protetti. Quarant’anni non sono pochi ma la cronaca non appartiene a quell’utopico sogno che piace raccontare, semmai scivola a piu’ riprese verso un incubo che l’umanita’ ha saputo riassorbire molto velocemente. Tutto male quindi? No, non tutto.
Da tutto quel movimento, quell’energia, quella distruzione insana e iconoclasta, l’arte tutta ne ha beneficiato, generando infinita spazzatura e’ vero ma e’ innegabile che gran parte del merito di cio’ che c’e’ stato di buono in ogni declinazione dell’arte della seconda meta’ del secolo scorso, provenga da quella distruzione, come una sorta di contraltare cosmico, bilanciare tanto male sommando altrettanto bene.
Ammetto di semplificare ma in qualche modo serve capire cosa e perche’ sia avvenuta una simile esplosione creativa e nel contempo distruttiva, non-contraddizione ma molto ancora da definire.
Si sappia, i libri, i ricordi da scampati da prima serata nazionalpopolare, documentari, nulla possono con la cronaca in presa diretta del tempo, senza mediazioni, senza scuse, senza ripensamenti.
Per queste ragioni, il primo mio istinto fu di giudicare il contenuto del libro ma avrei sbagliato tutto quindi assumo l’occhio di chi studia con la lente dello storico, col distacco di chi assorbe nozioni e concetti che seppure alieni, vanno visti alla luce di una sana analisi critica atemporale ed impersonale.
E’ anche vero e in cio’ l’equivoco, che Maffi, l’autore, e’ dentro alle vicende che racconta, ne esalta le virtu’ ed eleva l’errore di una generazione a merito e soluzione ma anche per questo, in quanto lettori serve posizionarsi al di sopra per quanto gradassate del genere "Ma non si parla solo del piccolo-borghese, il cui placido sonno prosegue inattaccabile, perso come e’ nelle nebbie tristi, miasmatiche ed immobili della propria non-vita" fanno sorridere e mi diverto pensando a Maffi e i suoi amici nel centro dell’esplosione d’energia che i concerti degli Inti-Ilimani, gente a caso, inondavano su tutti loro eletti. Cosi’, giusto per restare sui non-vivi.
Tolto l’equivoco, accantonate le proprie filosofie, troviamo un testo formidabile, un vero e proprio viaggio nel tempo di rara lucentezza e come catapultati nel centro esatto di un ciclone che da li’ a poco avrebbe spazzato via gran parte di quei nomi, di quelle idee e di quelle follie, permane una sensazione potente, inebriante direi, col vantaggio dell’essersi lasciati alle spalle tutto quanto – ma ne siamo sicuri? – avere uno spaccato di storia importante, ancora tutto da chiarire.


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