Come in ogni altro campo, così per l’arredamento gli uomini si dividono in due classi, anzi addirittura in due razze, direbbe Charles Lamb. Come ci sono i belli e i brutti, i buoni e i cattivi, gli statici e i dinamici, gli allegri e i melanconici, i loquaci e i taciturni, i prodighi e gli avari, e infinite sfumature intermedie, e le più strambe combinazioni di opposti. Per il Lamb tutte le più svariate classificazioni si ridurrebbero alla diversità originaria di «uomini che pigliano a prestito e uomini che danno in prestito». lo mi azzarderei a proporre una distinzione originaria ancor più fondamentale: uomini che tengono alla casa e uomini che non ci tengono affatto. Naturalmente, anche qui, le solite sfumature intermedie: uomini che ci tengono un poco, o così così, o in certe fasi soltanto della loro vita: uomini che mostrano qualche interesse per i mobili soltanto quando metton su casa per il matrimonio, e una volta fatta quella spesaccia, non se ne occupan più (e forse costoro, inorridiamo a pensarci, son la maggioranza). Vi sono alcuni del tutto insensibili a ciò che li circonda, altri che si adattano, e magari provan gusto a vivere in ambienti che i più giudicherebbero intollerabili. Confesso che mi riesce estremamente difficile capire l’animo degli uomini incuranti delle cose e della casa.
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La curiosità di Mario Praz non aveva limiti e quando nel 1964 pubblica questa sua storia dell’arredamento da Roma ai giorni nostri lo fa in un modo unico, appassionato, innovativo. Come un erudito secentesco, aveva letto intere biblioteche e tutte queste letture gremivano fino all’orlo la sua mente fornendogli ogni associazione possibile. Forse per questo riesce a farci entrare nelle case del passato restituendoci tutta la forza espressiva e la vitalità di quegli ambienti.
Mario Praz, La filosofia dell’arredamento, Biblioteca della Fenice, Guanda, 2012.