La danza dell’esopianeta

Creato il 17 settembre 2015 da Media Inaf

Un fotogramma dell’animazione: al centro, l’esopianeta Beta Pictoris B, come appare dalle riprese del Gemini Planet Imager (GPI) installato al telescopio Gemini South sulle ande cilene. Crediti: Maxwell Millar-Blanchaer

Avete mai visto un esopianeta? Il team di GPI, il Gemini Planet Imager, strumento installato al telescopio Gemini sulle Ande cilene, non solo ci è riuscito, ma ha anche realizzato una sequenza animata che, oggi, è la nostra miglior visione di un esopianeta in movimento attorno a una stella distante. Il protagonista di questo mini filmato (che potete vedere nel video qui sotto) è il pianeta Beta Pictoris b, osservato con la camera GPI tra novembre del 2013 e aprile del 2015 mentre si muove durante il suo giro attorno alla stella madre, che completa ogni 22 anni. Qualcuno potrà storcere il naso, nel vedere queste immagini così sgranate, magari abituato a quelle spettacolari di nebulose e galassie lontanissime che ci invia da anni il telescopio spaziale Hubble. Il risultato però rappresenta una pietra miliare nell’osservazione diretta degli esopianeti, se pensiamo che Beta Pictoris b è un gigante gassoso con una massa compresa tra 10 e 12 volte quella di Giove e si trova alla distanza di circa 60 anni luce da noi, ovvero quasi quattro milioni di volte quella che è la distanza tra la Terra e il Sole! Il pianeta è inoltre parte di un complesso sistema: attorno alla sua stella madre, Beta Pictoris, sono stati scoperti comete, nubi di gas e uno sterminato disco di polveri che, se si trovasse ad orbitare il nostro Sole, si estenderebbe da Nettuno fino a 2000 volte la distanza Terra-Sole.

«Le immagini che abbiamo raccolto e messo in sequenza rappresentano le più accurate misure di posizione mai ottenute per un esopianeta» spiega Maxwell Millar-Blanchaer, dottorando dell’Università di Toronto e primo firmatario dell’articolo sull’osservazione di Beta Pictoris b pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal. «In più, con GPI siamo in grado di vedere sia il disco che il pianeta allo stesso tempo. Insomma, abbiamo uno strumento che ci permette di ricostruire l’architettura del sistema planetario e come le sue parti interagiscono tra loro». Le riprese di GPI permetteranno così di testare “sul campo” le teorie che riguardano la formazione dei sistemi planetari al di fuori del nostro, oltre che raccogliere informazioni accurate sul pianeta, come la sua massa e i parametri della sua orbita.

Per saperne di più:

  • l’articolo β Pictoris’ inner disk in polarized light and new orbital parameters for β Pictoris b di Maxwell Millar-Blanchaer et al. pubblicato sulla rivista The astrophysical Journal

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani