L'ultimo meraviglioso libro di Elie Wiesel, scrittore ebreo sopravvissuto all'Olocausto, insigne premio nobel per la pace nell'anno 1986.
Si tratta di un romanzo scritto con inusuale enfasi memoriale, composto e dispiegato in mille rivoli narrativi degni di una penna particolarmente sensibile, emotivamente importante non solo in termini meramente etici.
Nel racconto, il personaggio principale evoca inconsciamente i propri ricordi legati all'orrore della Shoah, il tutto alla presenza di un'analista, solo apparentemente ignara, che lo prende in cura per salvarlo dai vortici di una danza che non accenna a declinare l'invito della Storia.
Con la folle maestria di chi tenta di riportare sulla pagina l'orrore indicibile di quella esperienza, rifugiandosi sotto il manto protettivo della finzione letteraria per l'immane difficoltà ad essere ascoltati, Wiesel in questo turbinio di confessioni accenna i passi di un incontro mancato con l'oblio. Un contatto disumano che lo segna per sempre, lasciandolo testimone involontario.
Intriso di gesti narrativi carichi di parole instabili e ballerine, data l'incomunicabilità dell'Evento, il romanzo è corredato, con spirituale grazia, di un pungolo edificante e prezioso, senza remore.
Una scrittura lieve ed elegante ed una poetica delle domande finemente cesellata nella struttura del racconto, rendono i momenti creativi di Wiesel segni eternamente conciliabili con l'arte della memoria.