vd. 1a parte
La prima, è un menhir del III millennio a.C. (Mas Caplier, al sud della Francia) che rappresenta una deità femminile mentre abbraccia un bucranio. La seconda, è un frammento di vaso piriforme con rappresentazione schematica di figura umana, la quale per alcuni regge un bastone forcuto, secondo altri stringe fra le braccia un oggetto terminante a forcella (Sardara, Sardegna centro meridionale), che rappresenta ancora una dea che abbraccia un bucranio. La percezione del bucranio è infatti evidente, una volta entrati nel preciso contesto simbolico, anche nella seconda figura (nota finora come il frammento di Sardara), nella quale si ammira la dea che abbraccia null’altro se non un bucranio. Si badi anzi, come lo stesso elemento figurativo, il bucranio, sia inserito per ben due volte in questa partitura grafica, la seconda (se pur capovolto) anche alla base (così come ci viene restituita dal frammento) della rappresentazione della dea. Vediamo pertanto, come in quella che definiremo d’ora in avanti la “dea di Sardara”, vi è anche una stupefacente applicazione di quell’effetto del doppio (due linee, due triangoli, due losanghe, ecc.) tendente, nelle manifestazioni artistico-religiose del Neolitico antico, ad amplificare il significato racchiuso in tutto il portato del segno singolo. La dea di Sardara deve intendersi come la narrazione più estensiva del divino che genera la vita, non solo per le manifestazioni simboliche amplificate (ve ne sono altre ancora da interpretare) con cui l’artista e le rigide regole cultuali attinenti alla antichissima tradizione, hanno imposto alla materia, ma soprattutto perché la dea di Sardara, al contrario della dea di Mas Caplier, soggiorna in un pozzo, che solo in virtù della sua presenza ascende al sacro. Il pozzo, con il suo elemento liquido è (forse più che la tomba sotterranea) l’esaltante simbolo della nuova vita che si genera nell’umido del ventre divino e materno. La stupefacente tessitura simbolica su cui insiste la dea di Sardara, si arguisce essere sì complessa che, noi, superficiali viventi il III millennio d.C., riusciamo solo lontanissimamente a penetrarne significato e nobiltà liturgica. Si guardino ad esempio, i quattro cerchi concentrici con punto centrale, posti esattamente al di sopra del bucranio rovesciato, appoggiato al divino ventre. Ebbene, pur nel molteplice significato che assumono, nelle circostanze più varie, i cerchi concentrici di matrice antico-neolitica, ci pare coercitivo avocarne due per il simbolo sul bucranio capovolto della dea di Sardara: energia vitale