la decrescita

Creato il 13 dicembre 2010 da Gaia

Mi ricordo bene, un paio di anni fa, che quando parlavo delle teorie che per comodità riassumo sotto il nome di decrescita * (riduzione dei consumi e degli orari di lavoro, produzione locale, convivialità, messa in discussione della crescita a tutti i costi…), la gente mi rispondeva: sì, avrai anche ragione, ma tu sei pazza, non succederà mai.

Ora sembra diventata quasi una moda: le energie rinnovabili, l’usato, il riciclato, le fonti alternative, i mercati contadini, la bioedilizia, e via dicendo. Per un periodo, di recente, tutti parlavano di “quel tizio su MTV che fa l’ecovillaggio a Raveo, hai sentito?”; l”altro giorno ho visto in tv Fabrizio Frizzi che intervistava una donna (una sportiva, diceva mia madre, ma non ne siamo sicure) che diceva: adesso vivo a impatto zero. A parte che è impossibile vivere a impatto zero, a meno che tu non chieda a qualcuno di ucciderti e buttarti in una fossa, visto che anche la sepoltura ha un costo ambientale, comunque lì ho capito, ormai chi più ne ha più ne metta, vogliamo tutti essere come i puffi (qui invece un’idea già più interessante, soprattutto nelle sue osservazioni sulla famiglia, anche se io credo nel cambiare la società da dentro piuttosto che organizzare qualcosa di così separato, ma non ne so abbastanza).

Il punto è che questo tipo di approccio dovrebbe essere olistico, e collettivo -non una serie di azioni slegate per lavarsi la coscienza, ma un ripensamento d’insieme di tutta la nostra economia e società. Non vale essere star di Hollywood e mettere scarpe di plastica per non uccidere i vitellini, o avere tre ville ma isolate termicamente, per fare gli esempi più estremi. Oppure riempire i campi di pannelli solari o coltivare colza per bruciarla, invece di lavorare sul risparmio energetico! O pensiamo alla bioedilizia: ci sono tanti esempi interessanti, ma che senso ha costruire una casa super ecologica e non considerare come risorsa non rinnovabile il territorio? Oppure andare in una boutique che vende oggetti riciclati, e farsi incartare un regalo di Natale?

A proposito. Io odio questo carrozzone mostruoso che è il Natale, anche se ogni anno mi fa guadagnare dei soldi in più; odio in particolar modo l’idea che tu debba comprare qualcosa (spesso inutile) a tutti quelli che conosci, se no si offendono. E poi incartarlo in belle confezioni che verranno strappate e gettate fra pochi giorni. Ho sentito una signora pontificare in bar l’altro giorno: le persone non ci tengono più, alle cose belle, lamentando la poca cura dei pacchetti. Sa cosa è ancora meno bello di un regalo non incarcato, signora? Una discarica.

* ho messo il link alla pagina di wikipedia, ho visto che c’è anche questo sito ma non lo conoscevo


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