La delegittimazione della sessualità femminile (prima parte)

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Qualche giorno fa faby ha scritto un post sul cosiddetto fenomeno di “troiofobia”, per quanto concerne il caso della showgirl Belen Rodriguez, oggetto di dileggio sul web e di accuse sulla sua presunta immoralità sessuale, scatenando un acceso dibattito sul web che ha confermato la persistenza di un atteggiamento misogino. Il dibattito si è generato anche fuori dalle nostre pagine e ha confermato una tendenza a inquadrare la sessualità femminile-specie se promiscua- e la prostituzione come un fenomeno appartenente al “male da esorcizzare”. Interessante notare che in mezzo al dibattito emergeva il pensiero comune secondo il quale la prostituzione fosse necessaria (a causa della carenza di donne disponibili) ma chi esercita la professione merita l’emarginazione sociale, il disprezzo (ed è per questo che le prostitute negli ultimi anni sono vittime di sanzioni amministrative se esercitano sulle strade e vestono in modo da inferire chiaramente che sono prostitute). Emerge anche la tendenza a relegare le donne che vivono una sessualità attiva, in un gradino sociale ancora più basso della prostituta, la cui sessualità non è giustificata dalla necessità maschile. Questo è quello che io a termini personali definisco come una sorta di delegittimazione della sessualità femminile, dove i desideri femminili vengono deprivati a fronte di un desiderio maschile considerato più forte, più utile (per ragioni biologiche sostengono) e identificativo del mito della virilità, secondo norme sociali.

Le norme sociali generate nello stesso contesto patriarcale, vogliono che sessualità femminile non discerna dalla coppia o da fini riproduttivi. Le norme sociali si ripercuotono anche sul mercato e sulle rappresentazioni simboliche. Un esempio dell’importanza che viene data alla sessualità maschile è l’invenzione del “Viagra” creato per restituire l’erezione agli anziani. E’ importante considerare quanto questo farmaco è dannoso al cuore per valutare quanto l’importanza della virilità come ruolo sociale sulla salute fisica.

Perfino nella pillola anticoncezionale, simbolo dell’emancipazione della donna, non si investe ad affrontare, tutti gli aspetti collaterali che comportano il calo di desiderio femminile, perché l’importante è evitare solo le gravidanze. Come se l’unico fine della sessualità femminile fosse fare-o non fare-figli.

Molto importante sottolineare come tutto ciò è legato ad aspetti culturali che tutti conosciamo. In quasi tutte le società molti uomini disprezzano le donne che hanno avuto numerose relazioni di breve durata, poiché una donna rispettabile dovrebbe avere relazioni durature e rapporti sessuali solo in relazione alla coppia e per finalità non individuali.

Insomma, emerge anche in alcune aree occidentali, la considerazione della donna come un mero oggetto sessuale che deve compiacere il partner. Ciò emerge nelle rappresentazioni grafiche e nei mezzi di comunicazione che inquadrano la sessualità come una prerogativa maschile. Ciò è svilente non solo perché si introietta l’idea che le donne non hanno desideri ma anche perché la relazione tra uomini e donne viene relegata ad un livello meramente sessuale, negando ogni sorta di rapporto paritario tra i generi.

Perché la sessualità è anche l’indice per misurare l’effettiva parità tra uomo e donna e se non viene accettato un ruolo femminile attivo all’interno di una relazione privata, ciò è negato anche negli ambiti pubblici, dove uomini e donne non sono chiamati a confrontarsi sessualmente.

In ogni società emerge quella caratteristica che vieta alle donne il “diritto al piacere sessuale”, mediante una serie di norme giuridiche (es nelle culture islamiche) che puniscono socialmente la donna che non si attiene ad esse. Quando esse non sono espressamente giuridiche, esse si impongono sotto forma di norme sociali nell’educazione sessuale della donna, la quale insegnerà a quest’ultima a reprimere i propri impulsi sessuali e riprovare quelle che non si attengono a tali norme.

Un esempio di norma sociale che vincola la sessualità femminile è l’oggettivazione sessualeQualche giorno prima di scrivere questo post ho letto un articolo in cui si annunciava che in occidente gli interventi di chirurgia estetica vaginale e della vulva sono in aumento tra le donne giovani e meno giovani. La troppa attenzione verso la perfezione del corpo femminile e l’oggettivazione sessuale delle donne indotta dalla pornografia, dove le vulve appaiono chiare, depilate e carnose, hanno indotto milioni di ragazze a sentirsi diverse e imperfette.

Molti chirurgi estetici annunciano il fenomeno come effetto di una consapevolezza sessuale femminile, mentre molto spesso, queste ragazze e donne non si operano per piacere a sé stesse, ma in quanto schiave dei canoni estetici perfetti dei mass-media in cui si riflette, o meglio si riproduce, lo sguardo maschile. Il “boom” di operazioni ha fatto emergere in Gran Bretagna che le ragazze si operano perché ricevono commenti offensivi da parte dei loro partner. Spesso in Italia si sente dire per questo che le inglesi sono “ragazze facili” poiché rifare la propria vagina è una prerogativa delle pornostar. Ma l’ondata di operazioni ha investito recentemente anche il nostro paese e sono spesso le “donne comuni” a richiederle.

Sulle discussioni in internet, nelle chat, nei forum e nei social network si leggono storie impressionanti. Ragazze che soffrono perché il loro ragazzo non gradiva la propria vagina. Una ragazza racconta che il suo fidanzato l’ha umiliata dichiarando che quando fa l’amore con lei è come “lanciare un salame in un corridoio” e ancora, un’altra invece, ha litigato con il proprio ragazzo perché lui ha asserito che aveva la vagina larga perché era una ragazza “facile” o o si era recentemente allargata perché lo aveva tradito. Un’altra ancora si lamentava per il fatto che il suo ragazzo, precedentemente fidanzato con una ragazza filippina, le aveva detto che l’aveva più larga e che non provava abbastanza piacere nella penetrazione vaginale. Un altro ragazzo, su un altro forum, cercava una ragazza vergine perché la vagina era più stretta oltre ad attribuire in base ad essa un grande valore alla pari di un’auto a chilometro zero.

I commenti maschilisti si sprecano su tutti i forum e i social network della rete, ma anche nella realtà, tanto da spingere le ragazze ad incorrere ad interventi per ridare alla propria vagina o vulva un aspetto piacente per conformarla ai canoni estetici imposti dal desiderio maschile.

Non è da trascurare nemmeno il “boom” delle imenoplastiche, un fenomeno che sta spopolando negli Usa, in alcune zone d’Europa e nei paesi arabi, dove il valore della verginità e il divieto del sesso prematrimoniale è molto forte. Tantissime ragazze si sottopongono ad operazioni dolorossissime e addirittura in Albania negli ultimi 20 anni sono sempre più le donne che si sottopongono ad un intervento chirurgico per recuperare la propria verginità in vista del del matrimonio.

Ecco che la chirurgia estetica intima delle donne assume un impatto che possiamo definire simile a quello dell’infibulazione, proprio perché non sono volti ad aumentare il desiderio femminile ma quello maschile. La chirurgia estetica è un fenomeno del tutto paragonabile all’infibulazione, la sola che in occidente è percepita come una pratica disumana. Ma quanta umanità c’è nell’imporre una visione sessuale e un canone estetico sulla base dei desideri maschili? 

Il problema della chirurgia intima non investe soltanto le donne giovanissime. L’aspetto più atroce è quello di donne che dopo la gravidanza le viene consigliato di rifarsela per preservare la sessualità dei propri mariti. Oppure mariti che rifiutano sessualmente le proprie mogli perché non sono esteticamente più elastiche come prima della gravidanza. Seni svuotati, vagine rilassate, smagliature oppure un episiotomia cucita male che ha deturpato l’estetica del sesso femminile.

L’episiotomia-il taglio del perineo-è l’altra faccia della stessa medaglia. Si tratta di un’operazione che viene praticata durante il parto naturale, senza curare quanto esso possa anche compromettere la vagina non solo esteticamente, ma sopratutto a livello funzionale la sessualità femminile. L’aspetto più drammatico è che molte volte viene praticato senza la volontà della partoriente e molto spesso, appunto, per via delle cicatrici, rende i rapporti sessuali dolorosissimi per la donna. Questo perché per una serie di fattori sociali e culturali, la sessualità penetrativa è considerata molto importante ma anche perché non viene data abbastanza importanza al piacere femminile. Molti medici infatti non prendono nemmeno in considerazione questo aspetto e la praticano.

Spesso si abusa di quest’intervento, nei parti naturali, anche se le lacerazioni di un parto potrebbero essere evitate anche con un’accurata lubrificazione vaginale. Ma quanto ha di culturale il legame tra parto e dolore e la sottovalutazione della sessualità femminile?

Una buona madre, secondo la nostra cultura deve sopportare parti dolorosi come prova d’amore e rinunciare al proprio piacere per dedicare le proprie attenzioni verso il piccolo. Come se l’aver generato un figlio fosse l’obiettivo principale o il traguardo raggiunto da ogni donna nella finalità sessuale. Ma alcune volte sono proprio i mariti a non riuscire a vedere la propria moglie come una compagna. Una mia conoscente trans-gender che faceva la prostituta mi ha raccontato che alcuni uomini sposati con figli si rivolgevano a lei perché chiederle determinate cose ora che è diventata madre è imbarazzante. Qualcuno dichiarava esplicitamente che vedevano la propria compagna come la Madonna o come la propria madre. Altri aspetti della cultura vogliono che la donna recuperi la propria sessualità solo per adempiere ai propri doveri coniugali. Quando una donna si accorge quanto l’episiotomia è stata ricucita male da compromettere il proprio piacere, le viene consigliato di rivolgersi ad un chirurgo estetico, che come riporta questa testimonianza, non fa mai accenno al recupero della sessualità femminile, ma appunto solo all’estetica.

Qui la testimonianza di una donna, segnalata da Alessia tempo fa:

Durante il parto ho subito un’episiotomia di 40 punti che mi ha causato dei problemi che mi porto dietro ancora oggi, dopo un anno e mezzo. Non riuscendo a risolvere il problema del dolore in maniera naturale (con massaggi, oli, creme, lubrificanti, ginnastica e quant’altro) ho iniziato a fare una ricerca su internet per quel che riguarda la vaginoplastica. Cosa ne è venuto fuori? Che la maggiorparte degli interventi di chirurgia plastica non sono indirizzati al miglioramento della vita della donna, ma bensì nel miglioramento della donna nei confronti dell’uomo.

Di interventi per rifarsi le tette ce ne sono una marea, però non cè una ragione funzionale per fare una mastoplastica: se hai il seno piccolo o il seno cascante, puoi comunque allattare (il seno a mio avviso ha esclusivamente questa ragione di esistere). E solamente per apparire appetibile agl’occhi degli uomini che si fanno questo genere di interventi.

Ma con un’episiotomia ricucita male, per ben che vada, non riesci ad avere rapporti, hai problemi nel camminare e nel sederti. E perché non si parla di soluzioni chirurgiche che potrebbero aiutare tantissime donne a risolvere questi problemi? Semplicemente perché un problema funzionale femminile non intacca la sessualità maschile. La sessualità femminile non interessa a nessuno. Se sono frigida o se sento male durante i rapporti, sono lo stesso fruibile da un uomo. Poco importa se non sento nulla o se sento dolore, sono lo stesso un buco penetrabile e un utero da riempire, mentre se ho le tette piccole o un seno mancante, potrei risultare poco piacevole agl’occhi di un uomo e quepisiotomiaesto intaccherebbe la SUA sessualità.

Vi sembrerà assurdo, ma quando ho fatto una visita da un chirurgo per fare la plastica al perineo, il dottore si è dimostrato più dispiaciuto per la mancata sessualità del mio compagno (che potrebbe al limite trovarsi un’amante!) che per il danno permanente che ho subito io!

Invece è proprio così! Alla fine si è rifiutato di operarmi, dicendo che il mio era solamente un problema psicologico! Ma il problema psicologico io non ce l’ho! Sono sei mesi che mi faccio seguire da una psicologa, nonchè sessuologa, e nonostante il trauma del parto, non ho assolutamente nessun blocco nei confronti degli uomini. Semplicemente fa male perchè sono stata ricucita male.

Ma non finisce qui, perchè il bravo dottorino ha raggiunto il massimo della stronzaggine (passami il termine) quando mi ha prescritto una crema anestetica da usare prima dei rapporti. Più o meno come se avessimo il mal di denti e, invece di curarli, ci mettessimo l’anestetico in bocca per non sentire male mentre mangiamo. Si, non si sente male, ma non si sente neanche il piacere, il gusto... Risposta del dottorino? Un velato “Ma almeno così riesce a fare qualcosa.” (come a dire “Perchè così si diverte almeno tuo marito, egoista frigida rompicoglioni!!”). Non contento della mia faccina sconcertata, ha aggiunto “Ma ha preso in considerazione la possibilità di avere dei rapporti anali?”

Ma come?! Io vengo a chiederti aiuto perchè mi fa male quando faccio l’amore e l’unico consiglio che mi sai dare, è di prenderlo in culo???!!!!

Questo aspetto ricorda tanto l’infibulazione, che secondo alcune culture, viene praticata anche per “rendere la vulva più femminile”. Tantissime madri si vedono negata la possibilità di recuperare la propria sessualità, messa in secondo piano alle finalità procreative e alle esigenze della coppia. E’ un problema ancora molto culturale. La sessualità femminile viene negata o viene considerata inappropriata, perfino scomoda. Secondo una credenza comune le donne hanno un calo di desiderio biologico durante la prima maternità.

L’aspetto biologico è relativo. Quando una donna subisce un episiotomia o vive in un contesto dove la donna è considerata un oggetto sessuale e dove appunto l’aspetto estetico è considerato importante, ragion per cui se una donna si sente cambiata fisicamente, ingrassata, svuotata e via dicendo è difficile recuperare la propria sessualità a causa dell’abbassamento dell’autostima e la paura che il proprio compagno la vedesse brutta. Anche i fattori sociali non sono da sottovalutare. Una madre spesso si sovraccarica di stress sopratutto quando i compiti in famiglia non vengono condivisi con il partner. E’ altrettanto un aspetto culturale credere che una madre non debba avere una sessualità finalizzata al piacere. Spesso, sopratutto in Italia, le madri vengono viste come individui asessuali, il cui desiderio metterebbe in discussione il proprio ruolo di mamma.

Questa delegittimazione, come ho scritto prima, non investe soltanto le donne in maternità ma tutte quante e avviene anche tramite mezzi coercitivi (violenza) come lo stupro, legittimato dalla cosiddetta cultura dello stupro, un atto che hanno lo scopo di delegittimare la libertà sessuale delle donne. E se dicessi che tutto il fenomeno delegittimatorio della nostra sessualità fosse il vero terreno fertile su cui viene tollerato, incitato, favoreggiato, praticato, generato lo  stupro, abbiamo trovato le vere cause? In fin dei conti, non è ugualmente una forma di delegittimazione a i danni della nostra sessualità?

continua…

Sulla vicenda della “troiofobia” leggi qui:

Soffri di troiofobia? Curati!

Le femministe, Belen e Spinoza.

 Dal forum di spinoza una zoccola di giornalista accusa gli spinoziani di essere troiofobici



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