Non se ne può davvero più! “I politici hanno rovinato l’Italia e anche la mia storia coniugale”, “sono strapagati, viziati e privilegiati, collusi e corrotti”, grumi ed incrostazioni che si sono aggrappate sempre più al potere creando consorterie difficilmente estirpabili (eppure, fino a qualche tempo fa, quello stesso cittadino incollerito che oggi vomita bile, non senza ragioni peraltro, sarebbe probabilmente stato in prima fila a stendere il tappeto rosso per gli onorevoli della DC o del PCI, quando, per ottenere consensi ed ingrassare nuove clientele, facevano qualche scampagnata fuori palazzo. Chissà se l’odierna malpolitica risulterebbe digeribile dalla contemporanea plebs frumentaria se questa ottenesse, come spesso accadeva all’epoca, qualcosa in cambio… dal panem et circenses di Giovenale all’i-pad e circo-nvenzione del Governo trendy… il passo è breve).
Insomma, sui social si trovano insulti per ogni palato, eppure si ha la crescente sensazione che il problema del “politico a cui non importa nulla della res pubblica ma è solo in cerca di un vitalizio”, non sia esclusivamente del malgoverno e della politica in generale. Ogni politica, per quanto possano abbassarsi i livelli democratici, deve infatti rendere conto ai cittadini chiedendo loro il consenso. Ma oggi ciò che dovrebbe rispondere ad un disinteressato spirito di servizio viene invece fatto esclusivamente per risultare servizievole, a buon mercato, vendibile ai bisogni di quegli stessi biliosi cittadini. La politica democratica contemporanea diventata così solo un posticcio esercizio di marketing, di pubblicità, di sondaggi più o meno compiacenti, di lacchè e di galoppini, dalla carta stampata ai media di regime. C’è da chiedersi allora, dacché questa politica si è trasvalutata in espressione mercantile che manifesta un’offerta proporzionale alle esigenze di una domanda sempre meno esigente, da dove arrivino le genialate delle ruspe salviniane o le incontinenti urgenze sulle riforme “sempre e comunque” urlate dai “riformisti leopoldeschi” di ogni colore (sulla volubilità e la pochezza delle masse democratiche vale ancora oggi l’accusa mossa da un anonimo ateniese ai tempi di Pericle: “dovunque sulla terra i migliori sono nemici della democrazia”). Forse che alcune proposte non provengano esclusivamente dai mâitre à pénser di qualche “bottega” di partito? Forse che quei partiti stanno solo intercettando un costume, una morale, un’opinione, un bisogno della società civile, per farlo fruttare trasformandolo esclusivamente in un tornaconto elettorale? D’altronde, in un mondo abitato da consumatori, anche l’elettore si adegua nobilitandosi a cliente! Annunciare, ad esempio, l’accoglienza di qualsiasi migrante, non sarebbe una scelta scellerata per ragioni contingenti, sociali ed economiche, lo sarebbe invece perché risulterebbe incomprensibile agli occhi dell’opinione pubblica (la Kyenge è impresentabile non tanto perché ha detto palesemente delle fesserie, ma perché ogni volta che compare in video fa perdere voti al “vincente” PD).