La democrazia è a rischio?
Creato il 13 luglio 2012 da Mauro
@2tredici
Dopo il commissariamento della politica imposto dalle agenzie di rating, dall’Unione Europea e dai poteri forti che ha portato alla nascita del Governo Monti, non si può certamente dire che in Italia la democrazia se la passi tanto bene. Un governo scelto dagli elettori è stato defenestrato e sostituito da un esecutivo cooptato non si sa bene da chi, il quale, pur privo di legittimazione democratica, sta impoverendo e devastando il Paese con politiche economiche recessive, incapace di uscire dal dogma del rigore fine a se stesso e prigioniero di una visione deleteria dell’economia, la stessa che portò al disastro la Repubblica di Weimar: il debito pubblico, anche in tempi di gravissima recessione economica, deve ostinatamente e ossessivamente essere abbattuto, pur se ciò distrugge le imprese ed il tessuto sociale (al contrario, in tempi come questi, occorrerebbe invece stimolare l’economia stampando tutta la moneta necessaria a finanziare il debito. Si veda il “Manifesto” di Paul Krugman e Richard Layard “per il buonsenso in economia”). A coloro che credevano e credono nella democrazia restava tuttavia un barlume di speranza, motivato dal breve periodo di tempo concesso all’ibernazione della democrazia, visto l’approssimarsi delle elezioni politiche della primavera del 2013.Tuttavia, più la scadenza elettorale si avvicina e più si addensano fosche nubi sulla tenuta democratica del Paese. Da più parti, infatti, vengono messi in atto tentativi più o meno subdoli per attaccare quello che è il fondamento di ogni sistema politico democratico: la libertà del voto. I segnali sono evidenti. Moody’s (se vogliamo anche in maniera ridicola) abbassa il rating del debito pubblico italiano perché non trova rassicurante la fine della stagione del Governo tecnico e l’avvicinarsi delle elezioni; gli “iper-responsabili” (e ripescati dall’anonimato) politici italiani che sostengono Monti (anche qui, a volte con sprezzo del ridicolo) senza se e senza ma avvertono che, in ogni caso, anche dopo le elezioni la politica economica non dovrà cambiare; in ambienti UE si vorrebbero fin d’ora far firmare cambiali in bianco ai partecipanti alla competizione elettorale italiana in modo da scongiurare la possibilità che un futuro Governo sconfessi la politica economica dell’attuale esecutivo guidato da Monti.Nell’imminenza del voto sentiremo e leggeremo certamente i pensosi ammonimenti di qualche Cancelliera, della Commissione UE e degli editorialisti dei giornaloni italiani rivolti al popolo-bue affinché, onde evitare scenari apocalittici abilmente contrabbandati, l’elettore voti “bene”, dove per “bene” si intende in ossequio ai Comandamentidel rigore, del sacrificio, della sobrietà, dell’impoverimento.Viene allora da chiedersi se il derelitto elettore, sottoposto a questo bombardamento di severi precetti impartiti da tante (troppe) maestrine dalla penna rossa (che finora, peraltro, non ne hanno azzeccata una, vista la situazione economica), sarà ancora in grado di esprimere un voto veramente libero (come prescrive l’art. 48 della Costituzione) o se, invece, il suo voto sarà condizionato, per non dire coartato, dal mostruoso conformismo nel quale vive ormai il Paese (ed anche l’Unione Europea), dove chi osa mettere in discussione le politiche del rigore a breve verrà raccolto dai monatti per strada e indirizzato verso adeguati (ma sobri, beninteso)) lazzaretti.E’ questa, e non quella sullo spread, la discussione che dovrebbe appassionare tutti coloro che hanno acuore la democrazia. Purtroppo, invece,il silenzio è assordante. L’unico auspicio è che la notte finisca presto (“Custos quid noctis?") e che qualcuno inizi a prendere coscienza del gravissimo rischio che sta correndo la democrazia non soltanto in Italia ma in tutta la zona-Euro.
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