la difficile gestione delle emozioni
Da Guchippai
la settimana scorsa ho cominciato un nuovo romanzo: posso già chiamarlo così, piuttosto che racconto, perchè le parole sono uscite fuori in abbondanza fin da subito e sono ben lungi dalla conclusione. era da un po' che non scrivevo (a parte le cazzate come Silvana sotto la doccia, ma quelle non le conto!) ma da tempo sentivo che ero sul punto di. mi succede sempre così, che le storie mi si maturano dentro, alcune più lentamente, altre di repente, e poi spuntano fuori; difatti non riesco a scrivere a comando. cioè: se mi date carta e penna qualcosa scrivo sempre, ma è la qualità che fa differenza. e poi detta così pare quasi che scriva della bella roba... in realtà il termine qualità l'ho usato solo per distinguere la fuffa quotidiana dalla fuffa più forbita. però sto divagando, perchè volevo dire un'altra cosa. volevo dire che, poichè scrivo sempre di emozioni, quando mi trovo nel mezzo di una storia a volte mi sento frastornata. ci può essere il caso in cui buttare fuori queste emozioni risulta catartico e, una volta terminata la scrittura, mi sento come ripulita e rinata. altre volte devo affrontare una sorta di nucleo oscuro dentro di me: quelle cose che con la razionalità tengo a bada per impedire che vengano a infestare la mia serena routine. la storia che sto scrivendo adesso rientra in quest'ultimo caso, ma ho notato un certo miglioramento rispetto al passato. certo, essendo lontana dalla fine non so nemmeno ancora se ci scapperà di nuovo il morto, però mi sembra di procedere con meno tormento. vuol dire che finalmente posso evocare certe emozioni senza esserne preda?