Di Giuseppe Timpone il 13 ottobre | ore 09 : 29 AM
La bocciatura dell’Efsf, affossato ieri dal Parlamento slovacco, per la defezione dei liberali al governo, che non hanno partecipato al voto (su cui pendeva la fiducia) è solo l’ultima tappa di una frattura crescente all’interno dell’Eurozona tra i cosiddetti Paesi virtuosi del Nord Europa e quelli che la stampa inglese lo scorso anno definì i Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, ma c’è anche la versione con la doppia “i” con Italia inclusa).
I liberali slovacchi hanno ritenuto eccessivo il contributo che il loro Paese dovrebbe dare alle economie più grosse e ricche dell’Eurozona, a causa di problemi da loro stessi causati. Sarebbero 7,7 i miliardi che gli slovacchi dovrebbero sborsare per rafforzare l’Efsf, un nonnulla, rispetto ai 211 miliardi della Germania, che hanno mandato su tutte le furie i tedeschi per prima e i liberali della FDP al governo, subito dopo.
Anche in Germania, lo scorso 29 settembre, si è quasi sfiorata una crisi di governo, perchè gli alleati della Merkel erano contrari alla nuova versione dell’Efsf, che ha comportato una maggiore partecipazione dei tedeschi al Fondo, per 89 miliardi.
Semplice questione di egoismo nazionale? Difficile dare una risposta univoca. Il fatto è che gli stati recalcitranti anche sulla questione greca sono tutti o quasi con la tripla A e formano, nei fatti, il cosiddetto “club della tripla A”, guidato dalla Germania. I governi di questi stati eccepiscono che gli aiuti andrebbero in favore di chi ha sbagliato, nel migliore dei casi con una politica fiscale della cicala, o come per la Grecia, truccando i conti per dieci anni.
In questa direzione, ad esempio, vanno lette le azioni della Finlandia, il cui nuovo governo ha richiesto alla Grecia il rilascio di titoli collaterali con rating tripla A, depositati a garanzia del proprio contributo. Anche Paesi come Austria, Olanda, Slovenia e Slovacchia richiedono altrettante garanzie, aggravando il problema di reperimento di liquidità per Atene.
Una cosa è certa. Se la crisi dovesse proseguire e determinare un maggiore fabbisogno finanziario degli stati in difficoltà, con la richiesta di ulteriore di aiuti esterni, le fibrillazioni politiche e la diffidenza dell’Europa del Nord saranno destinate a crescere.