La Divina Commedia e la musica

Creato il 04 dicembre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Ivana Vaccaroni. I temi che si evidenziano all’interno della Divina Commedia sono molteplici.
 

In un articolo precedente ho analizzato l’opera mettendo a confronto l’ambito linguistico con la numerologia.

Ora vorrei affrontare il paragone tra letteratura e musica all’interno del poema dantesco stesso.

Dante affronta tale aspetto già nel De vulgari eloquentia (II, IV,2) dove definisce la poesia “fictio retorica musicaque poita”.

Che cosa intende Dante per “musica”? In tale opera e tale contesto egli intende la musicalità del testo poetico, dal quale però non è escluso nemmeno l’aspetto pratico.

Boezio distingueva la musica in mondana, umana e strumentale.

La prima è quella che si individua nell’universo, quella che nel Convivio Dante paragona a Marte per le sue relazioni matematiche; la musica umana invece nasce all’interno dell’animo per opera di Amore, quell’ Amore maiuscolo che ispira tutta la produzione del poeta fiorentino.

Il rapporto tra produzione del suono e parola è messo in evidenza da una similitudine evidenziata nel Paradiso, dove produzione del suono, formazione delle parole e impressione nel cuore costituiscono un nesso inscindibile: “e come suono al collo de la cetra/ prende sua forma, e sì come al pertugio/ de la sampogna vento che penetra, / così, rimosso d’aspettare indugio, / quel mormorar de l’aguglia salissi/ su per lo collo, come fosse bugio. Fecesi voce quivi, e quindi uscissi/ per lo suo becco in forma di parole, / quali aspettava il core ov’io le scrissi” (Paradiso, XX, vv. 22-30).

Dante cita inoltre anche la musica pratica, con l’esempio della canzone “Amor che nella gente mi ragiona” musicata dal suo amico Casella. Quale dunque il valore etico della musica, intesa come prassi? La musica dei sensi è una passione come quella amorosa e pertanto, se ben indirizzata, può avvicinare a Dio, ma se diventa l’oggetto assoluto del proprio desiderio può diventare strumento di perdizione.

Il legame tra musica e teologia è in stretto rapporto, in Dante, come quello tra musica e poesia, il quale, peraltro, ha anch’esso origine religiosa e parte dalla lauda per arrivare poi alla lirica profana come quella provenzale.

Il sommo poeta aveva una precisa conoscenza degli strumenti musicali, che cita spesso nella Commedia e di cui esalta il valore simbolico, attribuendo ad ognuno un ruolo specifico e accostandolo al paesaggio o a un personaggio dal carattere ben definito.

Gli strumenti non sono infatti elementi marginali, ma contribuiscono a fornire una visione completa del canto, accompagnandosi a una precisa melodia, come emerge dai versi:” Quell’uno e due e tre che sempre vive / e regna sempre in tre e ’n due e ’n uno, / non circunscritto, e tutto circunscrive, / tre volte era cantato da ciascuno/ di quelli spirti con tal melodia/ ch’ad ogne merto saria giusto muno” (Paradiso, XIV, vv.28-33).

La Trinità è dunque qui intesa come un intrecciarsi di note su se stesse.

Estendendo il percorso a tutte tre le cantiche e identificando il viaggio come un percorso musicale è necessario partire dall’Inferno, dove non c’è musica intesa come armonia ma regnano il caos, le grida e i lamenti strazianti, per passare poi alla musica umana e terrena del Purgatorio e salire, infine, ai cori celestiali del Paradiso.

La Divina Commedia è l’esempio più originale di una forma poetica che spazia a tutto campo d’espressione, legata quindi anche alla musicalità della terzina dove, a partire dal ritmo ABA-BCB, si nota quello stretto legame tra musica e poesia che ha portato a considerare tale opera estremamente significativa anche sotto un aspetto poco conosciuto e scarsamente analizzato.