“La donna del mare” di Ibsen a Roma. Un dramma dell’esistenza nella Norvegia dei fiordi

Creato il 01 febbraio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Una piece messa in scena dalla compagnia del Teatro Hamlet, per la regia illuminata e puntuale di Gina Merulla e con l’alternarsi sul palco di Sabrina Biagioli, Fausto Morciano, Cecilia delle Fratte, Raffaele Risoli, Ilario Crudetti, Imma Mercadante e Massimo Secondi. Una scelta intelligente e di sicuro effetto quella che costruisce immagini sequenziali molto concentrate e strette sui personaggi che non lasciano spazio a umori e percezioni altre. Bisogna accettare l’assunto così com’è e poi meditare su ciò che si vede. Questo è il compito degli attori, tutti ben delineati e incisivi di questa convincente rappresentazione che non si disperde in visioni laterali e artifici formali.  La semplice scenografia è completata dai simbolici mille fili tirati dell’esistenza, che argentei e intrecciati tra loro creano un’ulteriore dimensione spaziale e, come in una tela di ragno, avvolgono i personaggi.

Donne che non accettano di essere sottomesse a delle regole. Donne che hanno la dignità di non accettare convenzioni che non sono quelle della libertà del loro cuore. Femminismo ante litteram e non solo, in questa, come in molte altre, commedie di Ibsen.

Henrik Ibsen, nato Skien nel 1828 e morto a Cristiania, oggi Oslo, nel 1906, è un drammaturgo che ha attraversato il XIX secolo riconoscendo nei suoi tempi tormenti e tensioni nascoste.  Ma non sempre sono solo le donne a sentirsi invischiate in ruoli e situazioni precostituite. Varie chiavi di lettura consentono di vedere più aspetti. Il mare come metafora e come realtà, come libertà e come direzione a cui tendere. Il fiordo, con il suo involversi in se stesso, come immagine dell’immobilità della vita, dell’ignavia di chi non riesce a uscire dai propri ruoli precostituiti, ma anche dei miasmi opprimenti di piccole esistenze che non hanno il coraggio di volare alto.  I personaggi, all’esordio apparentemente inseriti in una realtà comune, si rivelano figure significative ed emblematiche.

La scena presenta una semplice tavola attorno alla quale si affaccendano due fanciulle, Bolette e Hilde, e un pergolato amato dalla loro madre, che in realtà è matrigna. L’aspetto è quello di un quieto mondo borghese, ma non basta a contenere i drammi e le passioni che si agitano nei personaggi: ciascuno nel suo ruolo ambisce a un cambiamento, al raggiungimento di un fine, di uno scopo. Ma ciò che appare come una famiglia, nasconde in se i germi di un’insoddisfazione di fondo, del disfacimento delle esistenze. Ellida, la protagonista, nella sua lucida follia, sfugge a tutte le norme comuni. Il suo tormento, che è anche il suo fascino, coinvolge i personaggi maschili: il marito, il dottor Wangel, l’ex innamorato Arnholm, l’uomo del mare, a cui è legata da un rito antico. Da non dimenticare qui un aspetto autobiografico, Ibsen non aveva mai dimenticato Rikke Holst di Bergen, una donna con cui si era fidanzato nella stessa maniera dei due amanti nel dramma, legando insieme gli anelli e buttandoli nel mare. Tutti personaggi ruotano intorno a lei, che, inconsciamente ape regina, è molto amata proprio per la sua fragilità.  Ma in realtà la sua forza esiste e sta nel mare, nell’elemento che la identifica come mobile, variabile e mutevole; in questo pienamente femminile, ma anche potente oscura e pericolosa. La protagonista cita en passant anche le teorie di Darwin, quando afferma con eleganza che l’esistenza dell’uomo ha subito una linea sbagliata quando, nato dai primi animali marini, invece di diventare un essere acquatico ha scelto il mondo terrestre. Tutto in lei stupisce. Le sue reazioni sono diverse da ciò che ci si aspetta, in questa incredibile piece  moderna e attuale in tutte le sue istanze. Da citare la puntuale e lucida considerazione che compare in un articolo di Gramsci del 1915 su Ibsen e la condizione delle donne: “ L’unica forma di liberazione femminile che è consentita comprendere al nostro costume, è quella della donna che diventa cocotte”. In questo e in molti altri drammi di Ibsen, tutte le donne della storia sanno quello che vogliono e lo ottengono. Figure tormentate ma con le idee molto chiare: vogliono che nessuno tolga loro la dignità.

Dal 29 gennaio al 1 febbraio 2015 -Teatro Hamlet. Via Alberto da Giussano 13

Alessandra Cesselon


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