La “Dottrina Gujral”: una teoria geopolitica per la stabilità dell’Asia Meridionale

Creato il 23 dicembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Lo scorso 30 novembre l’India è stata scossa dalla scomparsa di uno degli uomini politici più influenti della sua storia recente, Inder Kumar Gujral. Era l’autore della cosiddetta “Dottrina Gujral”, la quale è basata su una sorta di “adattamento unilaterale” che l’India dovrebbe adottare nei confronti dei paesi dell’Asia Meridionale a seconda delle circostanze, preservando comunque la sicurezza e gli interessi della nazione. Si tratta di una teoria politica la cui validità è stata riconosciuta nei circoli diplomatici a livello nazionale e internazionale.

È necessario soffermarsi sulla teoria e il pensiero politico presentati da Gujral anche per alimentare il contemporaneo dibattito a proposito dell’importanza della geopolitica e del suo utilizzo come disciplina accademica (a questo proposito si può fare riferimento al nuovo numero di “Geopolitica”, Che cos’è la geopolitica?). È importante anche ricordare la figura di un uomo politico che è stato tra i promotori del dialogo fra le civiltà in Asia e nel mondo, essendo inoltre uno degli artefici della fondazione del World Public Forum Dialogue of Civilizations (Inder Kumar Gujral Died at Age 92), partner dell’IsAG.

I.K. Gujral è stato ministro degli esteri dell’India durante i governi di V.P. Singh (5 dicembre 1989-10 novembre 1990) e H.D. Devegowda (1° giugno 1996-21 aprile 1997); è stato nominato primo ministro alla caduta del governo di quest’ultimo, ricoprendo la carica di premier per un breve periodo fino al 18 marzo 1998, mantenendo anche il controllo dei dicasteri degli esteri e delle finanze. Politicamente era un liberale di sinistra, legato al Partito del Congresso fino al 1988 e successivamente al Janata Dal. Gujral è stato inoltre fondamentale per la politica estera indiana al fine di rafforzare l’alleanza con l’Unione Sovietica negli anni ’70, essendo stato tra il 1976 e il 1980 ambasciatore a Mosca durante i governi di Indira Gandhi e Morarji Desai.

Come ministro degli esteri, Gujral si fece promotore di una politica accomodante nel commercio e in altri settori nei confronti dei vicini dell’India, in particolare i piccoli Stati, non aspettandosi da essi una forma di reciprocità in cambio, un aspetto fondamentale per lo status del paese nell’area e la sicurezza generale dell’Asia Meridionale. Significativi a questo proposito furono i successi connessi allo sfruttamento congiunto delle risorse idriche. La politica accomodante di Gujral fu, infatti, fondamentale per la firma dell’accordo trentennale tra India e Bangladesh a riguardo della condivisione delle risorse idriche, avvenuta il 12 dicembre 1996. L’accordo del 1977 tra Nuova Delhi e Dacca, in seguito alle estensioni del 1982 e del 1985, era decaduto nel 1988 e i negoziati tra le parti fallirono negli anni seguenti a causa dell’inflessibilità adottata da entrambe le parti. La politica accomodante di Gujral rese possibile anche il consenso da parte del Bhutan per la realizzazione di un canale proveniente da un fiume buthanese in modo tale da aumentare la capacità delle acque del Gange; Gujral espresse inoltre la sua intenzione di rivedere il controverso trattato di Mahakali con il Nepal, riguardante lo sfruttamento congiunto delle risorse idriche e lo sviluppo dei distretti circostanti il fiume che segna il confine tra i due paesi, una mossa ben accolta nel vicino Stato himalayano.

La “Dottrina Gujral”

Durante il famoso discorso presso la Chatham House a Londra nel settembre 1996, Gujral enunciò i cinque pilastri che avrebbero dovuto caratterizzare la politica estera indiana, in particolare nei confronti dei vicini. Cinque principi che di lì a poco avrebbero costituto le fondamenta della cosiddetta “Dottrina Gujral”, definita per la prima volta in questa maniera dal giornalista indiano Bhabani Sen Gupta nel suo articolo India in the Twenty First Century (“International Affairs”, Vol. 73, Issue 2, 1997, pp. 308-309). Secondo Gujral,

La politica nei confronti del vicinato da parte del Governo del Fronte Unito [l’allora coalizione di governo al potere] deve basarsi su cinque principi: primo, con vicini come Nepal, Bangladesh, Bhutan, Maldive e Sri Lanka, l’India non deve aspettarsi una forma di reciprocità, ma offrire tutto quello può in buona fede e fiducia. Secondo, nessun paese dell’Asia Meridionale dovrà permettere che il suo territorio sia utilizzato contro gli interessi di un altro Stato della regione. Terzo, nessuno interferirà negli affari interni di un altro paese. Quarto, tutti gli Stati dell’Asia Meridionale dovranno rispettare l’integrità territoriale e la sovranità di ciascuno. E infine, risolveranno tutte le loro controversie mediante pacifici negoziati bilaterali. Questi cinque principi, se osservati scrupolosamente, porteranno a una riformulazione delle relazioni regionali dell’Asia Meridionale, incluso il tormentato rapporto tra India e Pakistan, in una forma amichevole e cooperativa.

Gujral riprese questi cinque principi anche durante un altro discorso, pronunciato presso il Bandaranaike Centre for International Studies (BCIS) di Colombo nel gennaio 1997.

È interessante notare il fatto che il Pakistan non sia incluso nella lista dei paesi ai quali Gujral concedeva la possibilità di mantenere un atteggiamento di “non reciprocità” nei confronti della politica estera accomodante di Nuova Delhi. Come spiegato dallo stesso Gujral nella sua autobiografia del 2009, Matters of Discretion, l’India, dovendo fronteggiare contemporaneamente due potenziali minacce provenienti da nord-ovest e da nord-est, ovvero dal Pakistan e dalla Cina, necessita di mantenere buoni ed amichevoli rapporti con tutti i restanti paesi dell’area asiatica, in modo tale da contenere l’influenza pakistana e cinese in Asia Meridionale. Fermo restando però che Gujral ha sempre cercato una via che potesse portare a un effettivo dialogo e alla cooperazione anche con il Pakistan, un fattore che è stato un costante obiettivo della sua “Dottrina” e della sua carriera politica.

Diversi analisti internazionali hanno fornito varie interpretazioni a proposito della “Dottrina Gujral”, anche molto negative. Ad esempio A.G. Noorani ha criticato questi principi definendoli “superficiali” e “ingannevoli” , mentre l’aver escluso il Pakistan porterebbe alla constatazione che non sia esistita la completa volontà di rendere possibile un clima di fiducia con tutti i paesi vicini all’India (What is Gujral Doctrine?). Altri analisti hanno sostenuto il fatto che Gujral sia stato alla fine incapace di generare un sostanziale cambiamento nell’ambiente legato al Ministero degli Esteri, soprattutto per la sua inabilità a trasformare la mentalità dell’apparato burocratico connesso alla politica estera indiana, fermamente legato ai principi della sicurezza e degli interessi nazionali, così come propenso alla ricerca di uno status da grande potenza per l’India a livello globale piuttosto che connesso a ideali di accomodamento e cooperazione con il vicinato. Durante il periodo in cui Gujral servì come ministro degli esteri, l’ambiente politico dell’epoca era maggiormente legato a un linguaggio che enfatizzava la necessità di un potere egemonico indiano nell’area, piuttosto che a un discorso concernente l’amicizia e la deterrenza, soprattutto per quanto riguarda l’approccio da adottare nei confronti d’Islamabad.

La “Dottrina Gujral” venne fortemente criticata soprattutto dopo il 26 novembre 2008, quando Mumbai fu colpita da una serie di attentati organizzati dal gruppo terroristico pakistano Lashkar-e-Taiba. Secondo diversi critici la dottrina di Gujral avrebbe fortemente ostacolato l’attività d’intelligence dei servizi segreti indiani, Research and Analysis Wing (RAW), nel territorio pakistano. L’opinione pubblica indiana fu molto critica nei confronti dei fallimenti della RAW a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, incapace di prevenire la breve guerra di Kargil del 1999 e la serie di attentati del decennio successivo (su tutti quelli contro il Parlamento indiano del 2001 e quelli del 2008).

Malgrado le critiche e l’avversione di alcuni settori della diplomazia indiana, è interessante constatare però come il governo dell’Alleanza Nazionale Democratica (National Democratic Alliance – NDA) guidato da Atal Bihari Vajpayee (BJP) dal 1998 al 2004 e il gabinetto dell’Alleanza Progressista Unita (United Progressive Alliance – UPA) di Manmohan Singh (Congresso), al potere dal 2004 ad oggi, abbiano grossomodo perpetuato la dottrina di Gujral in politica estera. Tutto ciò per favorire un ambiente pacifico, stabile e costruttivo nella regione di cui l’India fa parte, un fattore vitale per l’obiettivo prioritario rappresentato dalla crescita e dallo sviluppo dell’India e dell’Asia Meridionale. Un chiaro effetto di tale politica sono ad esempio i concreti miglioramenti nel corso degli anni ‘90 dei rapporti di Nuova Delhi in particolare con Bangladesh, Sri Lanka e Nepal, in seguito consolidatisi durante il decennio successivo. Anche per quanto concerne il Pakistan, l’avvicinamento durante la fine degli anni ’90, ma soprattutto la nuova fase delle relazioni tra i due storici nemici dopo il 2008, dimostrano come la teoria di Gujral abbia offerto alcuni parziali sviluppi positivi, malgrado siano ancora limitati e provvisori.

Analisi della “Dottrina Gujral”. Novità e aspetti di continuità della tradizionale politica estera indiana.

La “Dottrina Gujral” ha favorito un sostanziale cambiamento nella considerazione dell’India dei propri rapporti bilaterali con i paesi delle immediate vicinanze, in particolare con i piccoli Stati dell’Asia Meridionale. Questi ultimi hanno accolto allo stesso tempo di buon grado questa teoria politica e la messa in pratica dei principi espressi.

I cinque pilastri della dottrina derivano dall’idea che la statura internazionale e la forza dell’India non possano essere scisse dalla qualità delle proprie relazioni con i vicini. In sostanza, è stata riconosciuta la suprema importanza per l’India di mantenere relazioni cordiali e amichevoli in un ambiente geopolitico particolarmente delicato com’è l’Asia Meridionale, un fattore essenziale prima di poter ambire a un ruolo di grande potenza in Asia e in generale nel mondo. Secondo il promotore dei cinque principi, questi avrebbero potuto generare un clima di fruttifera cooperazione nell’area, dove il peso dell’India sarebbe stato riconosciuto come positivo, responsabile e fondamentale perché capace di mantenere la stabilità, rispettando l’integrità territoriale e la sovranità dei paesi limitrofi, senza cercare avventurose politiche egemoniche; una prospettiva quest’ultima che ha effettivamente aumentato, rispetto al passato, la fiducia dei piccoli Stati nei confronti del più grande e influente paese della regione. La novità dell’epoca rappresentata dal principio di “non-reciprocità” riconosceva la responsabilità dell’India nei confronti della regione e una sorta di “superiorità morale”, data la sua forza e potenza economica maggiore rispetto agli altri paesi.

Una delle più importanti questioni derivate dalla presentazione e dalla successiva concreta adozione di questi principi è stata quella di comprendere in che modo questi possano essere effettivamente messi in pratica. La “Dottrina Gujral” non riflette solamente l’attitude dell’India nei confronti dei suoi vicini, ma esprime anche l’aspettativa indiana a riguardo della politica che i vicini dovrebbero adottare nei confronti dell’India in particolare e dei paesi dell’Asia Meridionale in generale. È in sostanza una teoria politica che delinea una certa forma d’azione di adattamento da parte dell’India in politica estera, ma che si aspetta anche un certo atteggiamento propositivo da parte degli altri Stati. In un certo senso questa teoria dà un certo ruolo di “superiorità” a Nuova Delhi, promotrice iniziale di questa politica, un fattore che potrebbe essere accolto negativamente da alcuni settori politici nazionalisti dei paesi vicini.

Come sostenuto dall’analista Padmaja Murthy i paesi che concordano con questa dottrina, devono però aderirvi completamente, non solo in parte, affinché questa si realizzi; dunque la “Dottrina Gujral” può avere successo solamente in uno specifico ambiente nel quale i diversi attori percepiscano i benefici di un simile approccio per il proprio paese e per l’intera regione. Allo stesso tempo questi ideali generali sono aperti a differenti interpretazioni a seconda del singolo paese preso in considerazione e della storia dei rapporti di questo con l’India (The Gujral Doctrine and Beyond).

È stato osservato, inoltre, come sia impossibile per Nuova Delhi mantenere il principio della “non-reciprocità” nel caso in cui i paesi vicini intendano dare un carattere internazionale a questioni di tipo bilaterale o nel caso di un effettivo sostegno a gruppi ostili all’India che minaccino l’integrità territoriale del paese. È questo uno dei punti deboli della dottrina di Gujral. A riguardo si possono fornire gli esempi del Bangladesh e dello Sri Lanka, il primo spesso accusato di sostenere e ospitare nel proprio territorio gruppi integralisti islamici e indipendentisti operanti negli Stati nord-orientali dell’India; il secondo sovente in un rapporto conflittuale con Nuova Delhi per le conseguenze connesse alla trentennale guerra civile nell’isola che ha visto l’indiretto coinvolgimento della minoranza tamil dell’India. Senza dimenticare il Pakistan; come è possibile una politica di “non-reciprocità” nei confronti d’Islamabad quando è evidente l’azione di gruppi ostili all’India nel territorio indiano, in Kashmir o altrove, pensiamo all’Afghanistan?

I cinque principi di Gujral, che hanno portato il diplomatico indiano ad essere riconosciuto a livello internazionale come un valido teorico, ricordano in un certo senso i cinque principi della Coesistenza Pacifica (Panchshell Treaty) di un altro importante leader indiano, il primo ministro Jawaharlal Nehru, ideali alla base delle relazioni tra l’India da poco indipendente e gli altri Stati. Essi sono:

  1. Mutuo rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità.
  2. Mutua non-aggressione.
  3. Mutua non-interferenza negli affari interni.
  4. Eguaglianza e mutuo beneficio.
  5. Coesistenza Pacifica.

Questi principi vennero utilizzati per la prima volta nell’accordo tra Cina e India del 1954, ma furono anche alla base dell’approccio alle relazioni internazionali di molti dei nuovi Stati indipendenti africani e asiatici dopo la decolonizzazione. In questo senso i cinque principi della Coesistenza Pacifica furono incorporati come fondamentali capisaldi della politica estera nella Conferenza di Bandung del 1955 per divenire parte integrante del Movimento dei Paesi Non Allineati durante la conferenza di Belgrado del 1961. Anche altri principi espressi nella dottrina non rappresentarono delle vere e proprie novità per la politica estera dell’India. Ad esempio, l’ideale che le dispute siano risolte mediante pacifici negoziati bilaterali è un aspetto che ha caratterizzato il tradizionale approccio indiano nei confronti dei vicini, anche con Cina e Pakistan per quanto riguarda ad esempio i contenziosi legati alla linea McMahon e al Kashmir. Lo stesso Gujral durante il suo servizio come ministro degli esteri non tollerava qualsiasi forma d’interferenza straniera all’interno della delicata questione kashmira. In questo senso rifiutò nel 1997 la proposta dell’allora ministro degli esteri britannico Robin Cook di una possibile mediazione della Gran Bretagna nella questione del Kashmir. Molto spesso però i vicini dell’India, soprattutto i piccoli Stati, hanno tentato di dare un carattere internazionale alle diverse contese per l’evidente situazione d’inferiorità nel loro rapporto con il più potente vicino, come ad esempio fece il Bangladesh nel caso delle controversie a proposito della condivisione e dello sfruttamento delle risorse idriche a ridosso del confine tra i due paesi.

Lo stesso principio della non interferenza non è nuovo. In ogni caso, questo è il pilastro della dottrina di più difficile realizzazione visto che le diverse regioni dell’Asia Meridionale hanno delle evidenti similitudini in termini culturali, linguistici e religiosi. Ad esempio la situazione dei musulmani in India ha da sempre attirato l’attenzione del Pakistan e del Bangladesh, così come la classe dirigente e l’opinione pubblica del Tamil Nadu è costantemente interessata alle sorti della minoranza tamil presente nello Sri Lanka e alle sue problematiche con la maggioranza cingalese. Allo stesso modo l’insurrezione maoista nel centro-nord dell’India ha dei collegamenti con i gruppi maoisti presenti in Nepal. Spesso gli eventi che avvengono in un determinato paese influenzano gli avvenimenti in un altro e mentre un paese può percepire tali azioni come una sorta d’interferenza nei propri affari interni, il vicino le può considerare diversamente. La demolizione della Moschea di Babri ad Ayodhya da parte di alcuni gruppi d’integralisti indù nel 1992, della quale ricorre il ventennale proprio in questi giorni, rappresenta un tipico aspetto di come gli eventi avvenuti in un paese dell’Asia Meridionale possano influenzare l’attività politica in un altro Stato vicino. Il Parlamento del Bangladesh, infatti, pochi giorni dopo la distruzione della moschea votò una risoluzione di condanna dell’evento, sperando nella pronta ricostruzione del sito religioso, come promesso dal governo indiano. Nuova Delhi affermò poche ore dopo che si trattava di un pericoloso e inaccettabile atto d’interferenza da parte del Bangladesh nei propri affari interni, mentre quest’ultimo sosteneva evidentemente il contrario. In questo senso si può comprendere come sia difficile identificare chiaramente il principio della non interferenza in Asia Meridionale, vi sono numerosi casi a riguardo; ma un fattore positivo della “Dottrina Gujral”, nell’ottica dei piccoli paesi vicini all’India, è comunque la rinuncia da parte di Nuova Delhi dell’utilizzo di una politica espansionistica ed egemonica che avrebbe potuto adottare in quanto maggiore paese dell’area.

In ogni caso, l’enunciazione dei cinque principi da parte di Gujral avvenne in un periodo positivo per i rapporti dell’India con i vicini, un’atmosfera adatta al dialogo cominciata a partire dall’inizio degli anni ’90 che facilitò l’accettazione unanime in Asia Meridionale della “Dottrina Gujral”. È difficile infatti immaginare che questa teoria potesse essere espressa alcuni anni prima, quando ad esempio l’Indian Pace-Keeping Force (IPKF) si trovava in Sri Lanka o nel momento di massima tensione tra India e Nepal nel 1989. In questo senso il positivo ambiente politico di quegli anni rese possibile l’affermarsi di questa dottrina, considerato che nel 1996 erano migliorati i rapporti in particolare con Sri Lanka, Nepal e Bangladesh, estremamente tesi alla fine degli anni ’80, a differenza delle relazioni con Bhutan e Maldive, tradizionalmente sempre positive. Soprattutto in campo economico le relazioni con i vicini crebbero fortemente dal momento che vennero siglati numerosi accordi nella prima metà degli anni ‘90, creando un’atmosfera favorevole all’enunciazione della “Dottrina”. Gujral aveva in ogni caso lavorato affinché questi positivi risvolti politici si concretizzassero, essendo stato ministro degli esteri tra 1989 e 1990.

L’avvento di sistemi democratici in Nepal e Bangladesh, così come il ritiro dall’IPKF dallo Sri Lanka e l’ascesa al potere a Colombo di Chandrika Kumaratunga e in Bangladesh di Sheikh Hasina favorirono una nuova apertura nei confronti dell’India. Questo processo continuò con maggiore vigore durante il secondo mandato di Gujral come ministro degli esteri nel 1996 e quando divenne primo ministro l’anno successivo. Mettendo in pratica i principi enunciati dalla sua teoria politica, Gujral rese possibile che l’India dimostrasse la sua caratura a livello regionale, potendo contare su una maggiore fiducia da parte degli altri Stati che osservavano in Nuova Delhi un garante della stabilità, un elemento importante per l’ascesa indiana nell’area e in Asia.

Gli effetti positivi di questa dottrina furono fondamentali ad esempio nel momento dei test nucleari indiani del 1998, dal momento che nessuno dei vicini condannò apertamente l’azione dell’India, a differenza della comunità internazionale che in generale giudicò negativamente gli esperimenti. I paesi limitrofi dell’Asia Meridionale accettarono invece come un dato di fatto l’esistenza vicina dell’India come potenza nucleare. L’aver stabilito delle amichevoli relazioni con tutti i vicini, eccetto naturalmente il Pakistan, permise l’emergere di una particolare percezione del gigante asiatico da parte degli altri Stati dell’area, ovvero come quella di una potenza responsabile, la quale avrebbe utilizzato il suo potenziale nucleare per fini legati alla deterrenza nei confronti del Pakistan e della Cina. L’impegno indiano a non utilizzare per primo le armi nucleari fu un altro aspetto positivo per la regione.

Per quanto concerne il Pakistan, uno degli effetti dell’azione in politica estera di Gujral, fu il positivo incontro con il primo ministro pakistano Nawaz Sharif ai margini del IX summit del SAARC (South Asia Association for Regional Cooperation), garantendo una decisa implementazione del dialogo tra i due paesi. Una certa parte dell’establishment pakistano percepì però negativamente la “Dottrina Gujral”, intendendola come una sorta d’azione volta all’isolamento del Pakistan nella regione, favorendo le relazioni tra l’India e i restanti paesi dell’Asia Meridionale. Un elemento effettivamente ricordato dallo stesso Gujral nella sua autobiografia. C’è però da sottolineare il fatto che la “Dottrina” da adottare nei confronti del Pakistan, malgrado i tentativi del politico indiano, non venne accolta positivamente in alcuni settori politici e diplomatici di Nuova Delhi, i quali non intendevano sottovalutare la continua percezione di ostilità da parte d’Islamabad. Fattore poi dimostrato dalla guerra di Kargil nel 1999. La “Dottrina Gujral”, teoricamente valida, ebbe risultati positivi per le relazioni che l’India aveva con Nepal, Bangladesh e Sri Lanka; permise il consolidamento di quelle con Maldive e Bhutan, ma non portò a risultati immediati per quanto concerne quelle con il Pakistan.

In sostanza la teoria politica di Gujral è stata presentata e implementata in un particolare e positivo frangente che ha favorito l’emergere della dottrina, la quale avrebbe avuto evidenti difficoltà ad essere accettata in India e negli altri paesi in un altro contesto politico; ma al contempo la stessa “Dottrina” ha favorito il permanere di questa situazione positiva nei singoli rapporti bilaterali tra India e i piccoli Stati limitrofi. Anzi, la “Dottrina Gujral” ha ancora oggi una completa validità e può essere ancora alla base della politica estera dell’attuale governo. Inoltre, ha favorito e potrebbe generare in futuro una migliore cooperazione, inizialmente in ambito economico, tra India e Pakistan, i quali stanno certamente attraversando da diversi mesi, dopo il brusco stop causato dagli attentati del 2008 a Mumbai, una nuova fase nelle proprie relazioni bilaterali in vista di una potenziale futura “normalizzazione” del rapporto (Una nuova fase nelle relazioni indo-pakistane?).

Certamente non sono solamente da sottolineare i meriti della dottrina politica di Gujral. Negli ultimi due decenni vi è stata una sostanziale apertura al cambiamento e una concreta adozione di un diverso approccio anche da parte dei diversi Stati dell’area, non solamente dell’India; un fattore che ha reso possibile una situazione differente, maggiormente improntata al dialogo e alla fiducia in Asia Meridionale rispetto ai decenni precedenti. A questo proposito è interessante ricordare le parole pronunciate da Inder Kumar Gujral al I Forum di Rodi del World Public Forum del 2003:

In una situazione in cui l’Asia Meridionale e le aree adiacenti stanno affrontando gravi minacce di destabilizzazione, è ancora più importante rafforzare in qualsiasi maniera possibile le iniziative bilaterali e regionali per fronteggiare queste situazioni. Invece di guardare altrove per cercare forme di mediazione o d’intervento diretto al fine di stabilizzare la regione, gli Stati asiatici devono essi stessi presentare delle iniziative creative per costruire effettivamente un ambiente asiatico pacifico e stabile nello spirito della Carta delle Nazioni Unite che avalla sistemi di sicurezza regionali.

Gujral precursore del triangolo strategico Cina, India, Russia

La figura di Gujral non va certo ricordata solamente per la sua “Dottrina”, ma anche per altri tentativi in politica estera, anche se falliti, come ad esempio la soluzione della questione kashmira mediante un’azione non prettamente militare, la quale non è stata mai modificata da Nuova Delhi; oppure possono essere menzionati i sinceri tentativi per una maggiore cooperazione nei confronti del Pakistan, che era l’obiettivo finale della “Dottrina”, o per evitare fino all’ultimo lo scontro aperto tra il governo centrale e i movimenti indipendentisti del Punjab alla fine degli anni ’80. Evento che alla fine si concretizzò per una differente scelta da parte del governo di allora e che costò la vita alla stessa Indira Gandhi.

Gujral è stato però fondamentale anche perché suggerì per primo la teoria di una possibile convergenza d’interessi tra Cina, Russia e India in seguito alla fine della Guerra Fredda, prima ancora della proposta di un’alleanza trilaterale strategica presentata dall’allora primo ministro russo Evgenij Primakov alla fine degli anni ‘90. Gujral sosteneva la necessità di una cooperazione tra Nuova Delhi, Pechino e Mosca per una serie di comuni interessi strategici in Asia nel momento di maggiore potenza egemonica statunitense a livello globale. Nel caso particolare dell’India, Gujral riteneva che il paese asiatico dovesse cercare solide relazioni con tutti i diversi attori nello scenario globale per garantire prima di tutto il soddisfacimento dei propri interessi e la crescita della nazione come nuovo polo geostrategico, evitando le “preferenze” verso singoli emerse in maniera evidente dopo la fine della Guerra Fredda, come ad esempio nei confronti degli Stati Uniti. Il diplomatico indiano sosteneva dunque la necessità per la sicurezza dell’India del mantenimento di una politica bilanciata tra i diversi maggiori attori globali, un aspetto teorico erede del ruolo assunto da Nuova Delhi durante la Guerra Fredda come capofila dei paesi non allineati. Un ideale che è sostanzialmente ancora oggi presente nella politica estera del paese asiatico, malgrado alcune recenti decisioni abbiano comportato un maggior avvicinamento verso Washington (L’alleanza indo-statunitense alla prova).

La “Dottrina Gujral” e l’azione del suo promotore durante la propria carriera nel mondo politico e diplomatico dell’India rappresentano dunque degli importanti esempi teorici che abbiano come obiettivo prioritario la soluzione di contrasti aperti, ad esempio in un ambiente sociale e culturale complesso come l’Asia Meridionale, ma anche la cooperazione nel contesto generale globale. Tutto ciò potrebbe rappresentare un modello non solo per il futuro asiatico, ma anche per altre aree “calde” del globo, così come favorire un importante pilastro teorico per il nuovo sistema multipolare che sembra profilarsi all’orizzonte.


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