La famiglia Dentice

Creato il 11 gennaio 2012 da Postscriptum

Salvo Dentice – così si chiamava il tizio seduto sulla sedia di destra – ascoltava silenziosamente quello che aveva da dirgli l’amico affianco e di tanto in tanto scuoteva il capo. Amico, beh forse proprio amico no, diciamo un garbato conoscente, ecco questo sì!

«Io proprio non capisco», gli diceva quest’ultimo «quanti anni hai?».
«Proprio tu non dovresti farmi questa domanda, ho ancora quarantadue anni, lo dovresti sapere bene!».
«Ero sarcastico, dannatissima miseria, possibile che tu non capisca neanche quando ironizzo», si scaldò d’un tratto l’interlocutore «E comunque ne hai quarantatre, beddu miu, altroché!!!».
«Papà», esclamò Salvo Dentice, con disturbo verso le asserzioni del garbato conoscente «ma che differenza fa tra quarantadue o quarantatre, eh?».
«Ma quando ti devi sposare di questo passo, dico io?».
«Ti ricordo che prima dovrei anche fidanzarmi!».
«Eh sì, tanto che fretta c’è?!? Fidanzamento di una quindicina d’anni, due-tre anni di riflessione e poi ti sposi verso i settanta! Magari per il banchetto prenotiamo nel padiglione dell’RSA, che dici?».
«Io non riesco a comprendere i motivi di tanto astio…».
«Ah non ci riesci, eh? Hai quarantadue anni e ancora…».
«Quarantatre…».
«Hai quarantatre anni e non hai ancora un lavoro serio…».
«Io ce l’ho un lavoro… serio!».
«Sì, fai ancora il venditore porta a porta di prodotti onomatopeici?».
«…erano omeopatici!».
«Oppure sei ancora inserito in quel giro clandestino di raccattatori di palle da tennis?».
«Faccio, faccio un lavoro… serio, ormai…».
«E sentiamolo, qual è ‘sto lavoro serio, su?».
«Collaboro nello staff di un blog, faccio il…il giornalista, ecco!».
«Un blog? Ma che è quello delle tue robe pornografiche che tua madre da quando l’ha visto è rimasta paralizzata a metà e non parla più ma fischietta i motivetti di Vivaldi?».
«No, no, è un blog serio, di informazione. Sì, sì, e io scrivo articoli di cronaca…nera!».
«Nera?».
«Sì, nera, ma anche gialla, fucsia, amaranto…».
«Questa me la voglio proprio vedere! E allora, figlio mio, da oggi ogni articolo che pubblichi, mi mandi il link e io me lo leggo. Vediamolo ‘stu giornalista…vediamolo!».


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