La “fatica” dietro al corallo: la bucatrice

Creato il 08 gennaio 2015 da Vesuviolive

Abbiamo spesso parlato dell’importanza economica e storica della lavorazione del corallo per la città di Torre del Greco. Abbiamo raccontato i vecchi fasti della gioielleria torrese, il legame sociale che la popolazione ha sempre avuto col suo “oro rosso” e di come artigiani e istituzioni stiano lentamente privando la città di questo primato unico.

Il corallo, però, non ha portato a Torre del Greco solo mostre, vetrine ed enormi ricchezze, ma ha rappresentato, e rappresenta in misura ridotta anche oggi, un mezzo di sostentamento per moltissime persone ben più umili.

Gioielli, statue e cammei sono, infatti, il frutto di numerosi processi di lavorazione ripetitivi e faticosi, considerando anche che non esistono macchinari per sostituire il lavoro manuale. Oggi, come decenni fa, questi lavori vengono svolti da piccoli artigiani nelle loro case per una retribuzione minima.

Il video, tratto da un servizio di Rai1 di più di vent’anni fa, ci mostra una di questi piccoli lavoratori, un’anziana e vivace signora, addetta alla fase di “foratura del corallo”.

La foratura, detta anche bucatura, viene eseguita sui pezzi di corallo destinati a diventare pallini per collane. I cilindretti grezzi vengono bucati per lo più con uno strumento antico detto fuso: si tratta di un archetto in legno munito del classico filo di spago in tensione e agganciato a un ago. Mediante la pressione esercitata dalla mano della bucatrice sull’arco, viene fatto ruotare vorticosamente il fuso e l’ago che questo porta, poggiato sul cilindro di corallo, lo buca da parte a parte, con l’aiuto di acqua , che cadendo sul corallo goccia a goccia, ne attenua il calore che si determina durante la bucatura e che potrebbe spezzarlo.