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“La felicità delle piccole cose” di Caroline Vermalle: tutto il fascino di Parigi e degli Impressionisti in inverno

Creato il 15 gennaio 2015 da Alessiamocci

“È iniziato tutto nel giardino di Monet a Giverny. Lo ricordo come se fosse ieri. Era il dicembre del 1979. Da più di trent’anni, ogni sera mi domando come sarebbe stata la mia vita se non fossi entrato in quel giardino”.

“La felicità delle piccole cose” è l’unico dei cinque romanzi, scritti da Caroline Vermalle, ad essere stato tradotto in italiano. Pubblicato da Feltrinelli nell’ottobre del 2014, con traduzione di Monica Pesetti, si presenta come un libro leggero, che ha il pregio di portarci in un’innevata Parigi e, al tempo stesso, introdurci nel mondo dell’arte.

L’autrice, nata nel 1973 in Piccardia, una regione della Francia settentrionale, e grande appassionata di viaggi, struttura la trama come fosse una caccia al tesoro attraverso il mondo dei pittori Impressionisti francesi, primo fra tutti un quadro di Monet, “La gazza”, che farà da filo conduttore all’intera storia.

Si tratta di un libro “molto francese”, nello “charme” delle atmosfere, cui fa da contraltare un inno alle piccole cose che scaldano il cuore, ricercate nei posti più impensati. Gli ingredienti ci sono tutti: una Parigi sotto la neve; il fascino della Normandia impressionista; il gusto dei bignè e la magia di un Natale in una città sfavillante.

Frédéric Solis è un avvocato quarantenne di bell’aspetto e di successo, con la passione per i quadri impressionisti. Egli sembra avere tutto dalla vita, ma in realtà nasconde un grande dolore che lo ha portato a volersi circondare di oggetti di lusso e belle donne, piuttosto di mettere in gioco quei sentimenti che lo hanno ferito.

All’età di sette anni, infatti, durante le vacanze di Natale del 1979, il suo amato padre se ne è andato di casa e lui non lo ha rivisto più. La madre e il nonno gli hanno comunicato che il padre era in prigione, perché aveva fatto una cosa orribile, e Frédéric non ha avuto il coraggio di chiedere niente, preferendo non sapere e conservarne per sempre un bel ricordo. Ha persino rimandando al mittente, senza leggerla, anche quella lettera che lui gli ha scritto parecchi anni dopo.

Fino a quando, un giorno, scopre di aver ricevuto una strana eredità da parte di uno sconosciuto, che consiste in una sorta di mappa. Ad accompagnare il tutto, quattro biglietti con altrettante prenotazioni: un viaggio in treno ad Eragny e una gita in barca a Vétheuil, rispettivamente due località sulla riva della Senna, dove avevano operato i maggiori impressionisti francesi, quali Renoir, Pissarro, Monet, Sisley, Gauguin. Una visita al giardino di Giverny, dove Claude Monet ritrasse le mitiche ninfee e il ponticello di legno, e infine, una visita al Museo d’Orsay, il quale ospita la più grande collezione al mondo dedicata all’Impressionismo.

Convinto di trovarsi sulle tracce di un quadro sconosciuto di Monet, Frédéric Solis cerca di decifrare la mappa e venire a capo dell’enigma, sperando possa in qualche modo aiutarlo ad uscire da un attuale problema finanziario. Con la collaborazione della giovane segretaria Pétronille, un po’ stralunata ed eccellente creatrice di variegati bigné, torneranno a galla ricordi che Solis credeva di avere dimenticato e un “tesoro” ben più importante di qualunque ricchezza. Frédéric insegue le nostre gioie più grandi, per scoprire quelle piccole, in migliaia di altri improbabili posti.

Senza dubbio questo romanzo si rivela un piacevole ripasso di storia dell’arte, e ci fa scoprire aneddoti, sui pittori impressionisti, che forse non ci erano noti sui libri di scuola. L’autrice è abile a creare le atmosfere parigine, con una prosa semplice, ma a mio avviso impeccabile ed altamente evocativa. È diretta, non fa inutili giri di parole. Ecco, forse i personaggi e talune tematiche non sono proprio originali, ed emanano un leggero retrogusto di “déjà vu”, ma i riferimenti alla ricerca dei quadri, e alle orme dei geniali pittori, fanno passare tutto in secondo piano.

L’opera si compone di brevi capitoletti, e si presta ad essere letta in tempi brevissimi. Magico il capitolo in cui si narra la visita di Frédéric Solis al Museo d’Orsay, e vorrei ringraziare di cuore l’autrice perché, tramite quelle poche righe, in quel museo, fra quelle meraviglie, per un breve e struggente istante, ci sono stata anch’io.

E pensare che questo libro Caroline Vermalle lo ha scritto durante una lunga vacanza a Bali. È quello che si dice il “potere” del talento.

 

Written by Cristina Biolcati

 


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