Talvolta pretendo la felicità.
Non dico la mia, ma di coloro che amo. La felicità non come un cammino, non come una ricerca, bensì quasi come un dovere, una necessità impellente. Cerco nei loro sguardi tutte le ragioni per essere felici. Sarà forse che trovo, nei loro occhi, tutti i motivi per essere - io! - felice.
A voi, a voi che amo, chiedo perdono.
Non perché v'abbia augurato ogni bene, certo, ma perché ho preteso di individuarlo io, questo bene; o ancora: che lo si possa individuare con un festoso schiocco di dita.
Però la domanda rimane: voi siete felici? Non ve lo chiedo guardandovi negli occhi, non sono così indiscreto. Ma tu che non vivi la vita che vorresti, qual è la vita che desideri, se non la tua, ma più bella? Il punto è, forse, che tu viva o meno i tuoi desideri, cosa te ne fai di questa tua felicità?
Dice Peter Cameron che Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile.
Sarà, io non me la bevo. Ma è così che va, si vive fino a quel giorno.
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