Ma quando le crepe della festività cristiana iniziano a scricchiolare, un orecchio curioso vi potrebbe scorgere sopravvivenze pagane di grosso rilievo. In effetti il giorno del 24 giugno è l’apice dell’arco di festeggiamenti che iniziano il 21 e che erano tradizionalmente conosciuti sotto il nome di Solstizio d’Estate. La parola solstizio potrebbe evocare in voi complesse formule geometrico-astronomiche o nere lavagne di ardesia in cui la maestra arpeggiava –inutilmente- effimere lezioni sul sistema solare.
Solstizio deriva dal latino “Sol stat” che significa “Il sole staziona”. Nel periodo compreso tra il 21 e il 24 giugno , al tramonto, il sole raggiunge il massimo punto sull’orizzonte e da quel momento in poi inizierà a tramontare sempre più in basso. Sono giorni in cui il numero di ore di luce supera il numero di ore di buio, i giorni più lunghi dell’anno. Dopo il 24 giugno inizierà la lenta e inesorabile discesa dell’astro sull’orizzonte fino ad arrivare di nuovo alla vittoria delle tenebre sulle ore di luce, sconfitte il 24 dicembre (solstizio d’inverno) in cui il sole riprende la risalita e le giornate iniziano ad allungarsi. Anno dopo anno, stagione dopo stagione.
Ma la festa di San Giovanni non coincideva forse con l’inizio dell’estate? Secondo il calendario astronomico si, per il calendario agricolo siamo già a metà estate. Ricordate Shakespeare con “Sogno di una notte di mezza estate”? Egli ambienta la sua commedia di equivoci proprio nella notte del 24. E’ una notte magica perché il particolare fenomeno astronomico che si verifica ha influssi benigni sugli elementi, sulla terra e su coloro che vi abitano, in particolare conferisce “poteri magici” al fuoco, all’acqua e alle erbe, i simboli della notte di San Giovanni.
Simbolo del sole che trionfa, il fuoco purifica, allontana il male e le negatività e suggella patti di amicizia che dureranno una vita, forti come la parentela: i cosiddetti “compari” e “comari” di San Giovanni, che ancora oggi in qualche paese saltano il fuoco prendendosi per mano, a sancire la nuova unione. L’acqua acquista particolari proprietà terapeutiche nonché divinatorie, usata sì per lenire dolori e disturbi (in una società che non aveva la farmacia sotto casa!) ma anche per vedere il futuro, predire carestie, matrimoni, nascite. La rugiada raccolta nelle prime ore di luce rappresentava il tesoro per eccellenza.
Non che il volto fosse importante quanto la condizione sociale: ecco un fiorire di rituali sempre legati alle erbe che permettevano di capire se il promesso sposo sarebbe stato pastore, agricoltore o ricco signore. In una società come quella sarda, fondata fino a pochi decenni fa su agricoltura e allevamento, la festa del solstizio rivestiva una funzione importante, segnando il passaggio al periodo delle messi e della raccolta.
Ecco quindi che la “nuova” religione (appena duemila anni di storia!) secondo il noto motto “chiodo scaccia chiodo” ovvero “meglio sostituire e imitare che distruggere”, si è appropriata di questa festa soppiantandola con la natività di Giovanni. Stesso procedimento per il solstizio d’inverno, che cade intorno al 21/22 dicembre. Vi suona familiare questo periodo? Senza dimenticare che il 27 dicembre è la ricorrenza di un altro Giovanni, l’Evangelista. Quasi che i due santi fossero i custodi dei solstizi, le due facce di quel Giano Bifronte che apriva e chiudeva le porte dell’anno. Insomma, sarà pure diventata una celebrazione cattolica ma ai nostri giorni il legame viscerale con questa festa è forte e si contano a decine le tradizioni che di cattolico hanno ben poco. Occorrerebbe un po’ di scavo nella memoria storica delle generazioni che ci hanno preceduto e che ci possono raccontare qualcosa di più a riguardo. Tutta questione di perizia e di allenamento! Buon Lavoro!
Valentina Lisci
…Avete tradizioni, leggende, curiosità legate a questa festa da raccontarmi?
Scrivete a valentina.lisci@email.it