La fiducia nell’era delle tribù dei mutanti

Da Observingthenet

Non c’è dubbio che la comunicazione sarà un elemento sempre più strategico e in progressiva evoluzione: da monologo ripetitivo a comunicazione di dialogo e relazione tendente a generare fedeltà alla marca e all’impresa e non soltanto notorietà.
Appare evidente come gli imprenditori e i manager illuminati non considerino più la creatività pubblicitaria quale elemento determinante per il successo della comunicazione mentre, spostano l’attenzione verso la creatività che si esprime nelle idee e nel sentimento quale fonte (o spartito unico per l’orchestra dei media), da cui derivare i messaggi e i mezzi di comunicazione.
Siamo di fronte ad una svolta culturale prima che tecnica.

Ormai è opinione comune che la persona-cliente non ami più sentirsi trattare da semplice “consumatore” e che negli ultimi anni sia cambiato, diventando più critico, disilluso e consapevole con i suoi comportamenti e atteggiamenti, di fatto ribaltando molte delle ipotesi di base del marketing di marca.
Le aziende devono abituarsi a considerare il consumatore come un essere continuamente mutante.
Non sono sicuro che le aziende se ne siano rese conto completamente dato che sono sempre alla ricerca di capisaldi su cui appoggiarsi e, in caso, su cui trasferire responsabilità del fallimento o del successo delle iniziative commerciali.

Gli stormi di consumatori non sono più delineabili. E’ l’individuo singolo con la sua unica e specifica personalità a voler essere protagonista.

Il futuro della comunicazione deve orientarsi verso profilazioni adattive e personalizzate anche in funzione di servizi e mix di iniziative attraenti per gruppi frammisti di persone.
Pertanto, il metodo della comunicazione-monologo basata essenzialmente sull’emozionalità troppo spesso fine a se stessa, con obiettivi di semplice attenzionalità e notorietà, è da ritenersi obsoleto e da riprogettare.

Molte imprese innovative stanno vedendo la necessità di passare a una comunicazione-dialogo, facendo attenzione che l’emozionalità fa parte della comunicazione ma non può essere l’unico strumento da utilizzare, puntando invece ad unire prodotti, servizi e comunicazione in un “unicum” da proporre tramite vissuti esperienziali e comunicazioni sempre più coinvolgenti.
L’approccio tradizionale di marketing rivolto a persuadere one way i consumatori si sta rivelando inadeguato a seguito dell’affermazione di due importanti eventi: evoluzione e trasformazione dei format distributivi classici ed introduzione di nuovi modelli ( grandi superfici specializzate non food, reti franchising dedicate a categorie / brand ); sviluppo rapido di internet e affermazione parallela di social network e web commerce.
Questi cambiamenti hanno messo al centro dell’attenzione i clienti con le loro aspettative ed i loro valori. Nei negozi entrano persone esigenti non consumatori indifferenziati che possono essere influenzate nelle decisioni di acquisto a condizione di proporre loro messaggi chiari e soprattutto rilevanti per le loro esperienze.

In internet sono invece gli individui a guidare il processo, hanno idee ed obiettivi chiari e cercano in rete gli interlocutori ed i contenuti. Il modello si ribalta: sono i clienti che cercano il target azienda più affine e rilevante sia per la soddisfazione di bisogni sia per una collaborazione di lungo periodo.

Ma a questo punto nei mercati maturi il problema è la commoditizzazione dei prodotti oppure è la mancanza di comunicazione-dialogo?

Analizziamo le caratteristiche: un approccio tradizionale indicherebbe che un prodotto è commiditizzato quando i prodotti concorrenti non si distinguono più per caratteristiche tangibili e funzionalità, mentre sul piano psicologico gli acquirenti manifestano scetticismo diffuso, abitudinarietà, aspettative minime e una marcata preferenza per transazioni facili e rapide.

Il consumatore commoditizzato sceglie in base al prezzo perché è convinto che le alternative disponibili siano equivalenti.

La chiave per sfuggire allo status di commodity non sta nell’agire sul prodotto, ma nel recuperare il dialogo con l’individuo. Bisogna tornare a coinvolgere una clientela ormai indifferente, scettica e con bassi livelli di aspettativa non solo verso i prodotti ma sopratutto verso il futuro della nostra società, attraverso il costante dialogo imperniato sul tema del valore dell’individuo.

A questo punto il prezzo rappresenterà non più il costo di produzione più un margine di profitto ma sarà il valore corrispondente al contributo che il prodotto darà alla qualità della vita del singolo individuo. Per costruire una cultura del valore è necessario basare le relazioni sui principi di affidabilità, trasparenza e compassione (nell’accezione greca di “sentire insieme”, del provare insieme).

Solo a questo punto si svilupperà una forte fiducia reciproca e conseguentemente si propagherà il sentimento comune centrato sulla qualità della vita umana.