La Fille du Régiment è un titolo al quale sono personalmente legatissimo, l'ho conosciuto a meno di 14 anni, in occasione di uno spettacolo scolastico del quale mi auguro di cuore si siano perse tutte le tracce e le testimonianze (anche se temo che non sia così); allora, peraltro, non avevo idea - né precisa, né vaga - di cosa fosse l'opera. Anni dopo, quando già avevo cominciato a frequentare Rossini, Verdi e soprattutto il mio Bellini, acquistai un doppio cd di una splendida edizione in italiano, registrata al teatro della Fenice (con Mirella Freni e Alfredo Kraus). In quel periodo, ad attirarmi verso quest'opera era il mio interesse (per dirla in termini brechtiani) nei confronti di opere nelle quali il canto, oltre che strutturale, fosse anche tematico (vale a dire che la musica non è solo linguaggio, ma espressione artistica: i personaggi non si limitano a comunicare in musica, ma ascoltano qualcuno che esplicitamente sta cantando e si godono la performance). Nella Fille Marie, appunto, canta per allietare il reggimento e abbiamo addirittura (come nel Barbiere) una lezione di canto. Inoltre, la diversa provenienza dei personaggi consente una significativa alterazione degli schemi usuali dell'opera buffa: mentre Marie si abbandona a energiche marce militari, la marchesa di Berckenfield solfeggia svenevoli arie barocche, basso e alto si mescolano, secondo le convenzioni del Romanticismo, o per essere più precisi: la melodia facile e popolare entra nell'artificioso teatro d'opera del primo '800. Nel caso specifico, addirittura, essendo francese l'esercito che irrompe in casa della marziale marchesa di Berckenfield, abbiamo un esplicito innesto della cultura parigina nell'opera buffa italiana. Col che, Donizetti rende un esuberante e doveroso omaggio alla nazione che l'aveva accolto poco più di un anno prima, profugo da un'Italia dove non c'era quasi più posto per lui.
La Fille du Régiment di Gaetano Donizetti (dir. Donato Renzetti)
Creato il 02 gennaio 2013 da SpaceoddityLa Fille du Régiment è un titolo al quale sono personalmente legatissimo, l'ho conosciuto a meno di 14 anni, in occasione di uno spettacolo scolastico del quale mi auguro di cuore si siano perse tutte le tracce e le testimonianze (anche se temo che non sia così); allora, peraltro, non avevo idea - né precisa, né vaga - di cosa fosse l'opera. Anni dopo, quando già avevo cominciato a frequentare Rossini, Verdi e soprattutto il mio Bellini, acquistai un doppio cd di una splendida edizione in italiano, registrata al teatro della Fenice (con Mirella Freni e Alfredo Kraus). In quel periodo, ad attirarmi verso quest'opera era il mio interesse (per dirla in termini brechtiani) nei confronti di opere nelle quali il canto, oltre che strutturale, fosse anche tematico (vale a dire che la musica non è solo linguaggio, ma espressione artistica: i personaggi non si limitano a comunicare in musica, ma ascoltano qualcuno che esplicitamente sta cantando e si godono la performance). Nella Fille Marie, appunto, canta per allietare il reggimento e abbiamo addirittura (come nel Barbiere) una lezione di canto. Inoltre, la diversa provenienza dei personaggi consente una significativa alterazione degli schemi usuali dell'opera buffa: mentre Marie si abbandona a energiche marce militari, la marchesa di Berckenfield solfeggia svenevoli arie barocche, basso e alto si mescolano, secondo le convenzioni del Romanticismo, o per essere più precisi: la melodia facile e popolare entra nell'artificioso teatro d'opera del primo '800. Nel caso specifico, addirittura, essendo francese l'esercito che irrompe in casa della marziale marchesa di Berckenfield, abbiamo un esplicito innesto della cultura parigina nell'opera buffa italiana. Col che, Donizetti rende un esuberante e doveroso omaggio alla nazione che l'aveva accolto poco più di un anno prima, profugo da un'Italia dove non c'era quasi più posto per lui.
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