La filosofia del Logo ed esempi

Da Iwebdesigner @Iwebdesigner_it

Cos’e’ un logo? Personalmente ho lavorato tanto per locali, concerti e tutto quanto riguardi lo spettacolo, dove, per forza di cose la comunicazione e’ essenziale, perché se faccio venire i Pink Floyd nel mio bar ma non lo dico a nessuno, e’ molto facile che mi ritrovi il locale vuoto con Gilmour & Co da pagare.

Quindi: come si fa il logo perfetto?

Com’e’ fatto?

Bene. La domanda l’ho fatta. Da qui in poi sono solo le mie opinioni.
Una volta un ragazzo che conoscevo e’ stato (probabilmente per errore) incaricato di occuparsi di un locale. Io lo conoscevo gia’ e, gratuitamente, gli ho dato qualche consiglio (errore da non fare mai) per risolvere i problemi dell’avviamento dello stesso. Innanzitutto il nome: facile, veloce, di immediata ricezione. Lui scelse un nome piuttosto lungo (errore!) che secondo me non andava bene, perché i nomi devono essere brevi il più possibile, immediati, di facile memorizzazione.
Pensateci bene: nella memoria collettiva ci sono nomi che tutti quanti ricordano come Beatles, Rolling Stones, Elvis (e Presley diventa un di più che si puo’ dire, ma Elvis basta e avanza) e cosi’ via.
Andando ai locali, un po’ tutti ci ricordiamo il Piper, dove Patty Pravo mosse i primi passi: facile e veloce.
Bene. Il logo per quel locale fu un’altra lotta fra il bene (io) e il male (lui), perché anche li’ lui voleva un arzigogolio di cose, un guazzabuglio di colori, un mescolume di concetti.
Malissimo. Pensiamo infatti ai loghi vincenti e non importa che appartengano a multinazionali o alla fruttivendola Maria. C’e’ una sola parola che domina su tutta la filosofia del logo, secondo me: la semplicita’. Solo quello.

Ora, possiamo essere in disaccordo su ogni cosa, ma la realta’ che ogni giorno affrontiamo afferma questo concetto: Nike (un baffo nero su bianco), Adidas (tre linee), McDonald’s (le montagnole) fino ad arrivare a quello (secondo il mio parere il più geniale logo del mondo) che appartiene ad una multinazionale del tabacco che comincia per M.


Il logo, quindi, per essere vincente, deve avere niente. Che bella frase! Pero’ e’ cosi’: meno colori possibili, meno cose possibili, meno di qualunque cosa possibile. Ovvio che tutto quanto detto, al di la’ del fatto che mi sembra evidente se si osserva la realta’ circostante, e’ la mia opinione, nulla più. Se riusciamo pero’ a codificare i tratti del logo perfetto, ogni qualvolta apriamo un negozio, un fruttivendolo, un bar, sappiamo (più o meno) come muoverci.
In ogni citta’ aprono e chiudono e riaprono locali ogni cinque minuti. E’ divertente vedere come i ragazzi che si gettano in quell’avventura affrontano la cosa: nomi improbabili, locandine incomprensibili, loghi discutibili. Ogni tanto esce qualche buona idea. Ma nella maggior parte dei casi, no.
Il consiglio che mi sento di dare (e Nietzsche dice che dare consigli e’ sbagliato e dare buoni consigli e’ fatale) e’ comunque, nel momento in cui si intraprenda un’avventura come quelle di cui sopra, di parlare, se non altro, con qualcuno che queste cose le fa gia’ e che abbia un po’ di esperienza.

Alla prossima!


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