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La fine dell'ETA: i terroristi in carcere riconoscono il danno causato e leggi spagnole

Da Rottasudovest
Un passo in avanti verso la pace in Euskadi? E' la domanda del momento da oggi pomeriggio, da quando il Collettivo degli etarras in carcere ha pubblicato, sul sito naiz.info, sotto forma di video, un comunicato, in cui riconosce il danno causato con le azioni terroristiche e accetta la legge spagnola anche in materia carceraria, chiedendo un percorso individuale per ogni carcerato, in modo da permettere la sua uscita dal carcere, laddove la legge lo consente. Nel suo comunicato il Collettivo, lamenta le condizioni in cui vive in prigione, "la repressione carceraria estrema", anche dopo l'annuncio della fine della lotta armata da parte dell'ETA, e denuncia di essere "ostaggio degli Stati spagnolo e francese", sottolineando come si usino "leggi e misure speciali per negare i diritti e i benefici penitenziari che ci corrispondono, per ostacolare la scarcerazione fino a renderla impossibile". Ma, nonostante tutto, il Collettivo continua a dichiararsi "impegnato a difendere il futuro del popolo basco, come il primo giorno in cui ci siamo impegnati nella lotta". Pertanto, "dall'umiltà, continuiamo fermamente decisi a dare il nostro contributo". E la riflessione conseguente al desiderio di continuare a contribuire al futuro di Euskadi si articola in vari punti, che il Collettivo offre al Foro Social formatosi in primavera, per iniziativa di organizzazioni e personalità basche, spagnole e internazionali, per dare una soluzione al conflitto basco (il sito ufficiale del Foro, per saperne di più, è forosocialpaz.org): 1 a nostro modo di vedere, per risolvere le conseguenze del conflitto politico è indispensabile prendere in considerazione le sue origini e le sue ragioni. E' necessaria una road-map ferma, affinché il conflitto che soffre il nostro popolo abbia una soluzione integrale. L'origine politica del conflitto esige una soluzione politica. 2 La normalizzazione politica si deve basare sulla possibilità di sviluppare e realizzare democraticamente tutti i processi politici. Dobbiamo evitare qualunque soluzione parziale o falsa per impedire che il conflitto si perpetui e per non deludere né il popolo né la sua cittadinanza 3 La soluzione politica dev'essere integrale ed è imprescindibile che nell'ambito delle conseguenze del conflitto esista una visione globale che consideri e sviluppi tutte le sue parti. Riconosciamo con tutta sincerità la sofferenza e il danno multilaterale generato come conseguenza del conflitto 4 Riconosciamo il nuovo scenario sorto dopo la fine della lotta armata dell'ETA e d'ora in avanti, a favore della libertà di Euskal Herria, utilizzeremo vie e metodi politici e democratici, d'accordo con le decisioni prese in questo senso. 5 E' necessario derogare tutte le situazioni e misure eccezionali. Adattare la trama giuridica alla situazione politica. Cambiare radicalmente la politica penitenziaria e dare priorità alla fine della dispersione. Riconoscere i nostri diritti, rendere possibile il nostro ritorno a casa e favorire la soluzione integrale dell'attuale situazione politica. 6 Per tutto questo, potremmo accettare che il nostro processo di ritorno a casa, la nostra scarcerazione e in modo prioritario il nostro trasferimento a Euskal Herria, si realizzino utilizzando le vie legali, anche quando questo, per noi, implichi, implicitamente, l'accettazione della nostra condanna. Condividiamo che tanto la legge come la sua applicazione compiano una funzione essenziale di fronte al futuro, dato che devono essere utilizzate per rafforzare i passi che si daranno. 7 Siamo disponibili, in un piano d'azione globale, a studiare e cercare la possibilità che il processo che culmini con il nostro ritorno a casa, si effettui in modo scaglionato, mediante impegni individuali e in tempi prudenziali 8 Assumiamo tutta la nostra responsabilità sulle conseguenze derivate dalla nostra attività politica nel conflitto politico. Allo stesso tempo mostriamo la nostra volontà per analizzare la responsabilità di ognuno di noi, in un processo accordato che riunisca le condizioni e garanzie sufficienti. Il Collettivo intende contattare i promotori delle raccomandazioni del Foro Social e altri agenti dei Paesi Baschi, per cercare una formula che permetta la sviluppo degli accordi e aiuti a superare le situazioni d'eccezione che gli etarras sono costretti a vivere in carcere. Il documento del Collettivo non è del tutto sorprendente: era dato per scontato già dopo la decisione di Strasburgo di considerare illegale la Doctrina Parot, che tratteneva in carcere i terroristi che avevano già compiuto le loro condanne, e da questa mattina era dato per imminente.
Così come non è sorprendente la stucchevole reazione dell'Associazione delle Vittime del Terrorismo, che pone l'asticella sempre più in alto, pur di mantenere il protagonismo che il PP le ha regalato negli anni in cui si opponeva al dialogo di pace iniziato da José Luis Rodriguez Zapatero. La presidente Ángeles Pedraza ha assicurato che il comunicato è parte di una nuova strategia degli etarras in carcere per ottenere l'impunità e ha commentato che "se assumono il danno causato, ammettano anche che devono compiere le loro condanne integralmente e collaborare con la Giustizia" (non è cosa che nel comunicato venga negata o rifiutata, dato che si accettano le leggi spagnole).  Su Rotta a Sud Ovest si sono sempre manifestate perplessità per il protagonismo che l'AVT ha sul processo di pace basco, ma sono i risultati delle manipolazioni del PP: dopo essersi servito del dolore delle vittime del terrorismo, per attaccare Zapatero, adesso Rajoy è prigioniero del loro rancore (comprensibile) e del loro rifiuto a qualunque compromesso (anch'esso comprensibile in una vittima, ma inaccettabile in un leader politico che deve garantire la pace a una regione del proprio Paese). Più interessante la reazione di El Pais, che, al sottolineare l'assenza di qualunque riferimento alla consegna delle armi (ma è un comunicato firmato da carcerati...), ha riconosciuto "la magnitudine del messaggio che l'ETA ha trasmesso" al riconoscere le leggi spagnole. "Suppone l'assunzione di alcuni principi democratici in cui i terroristi non avevano mai confidato, fino a quando la izquierda abertzale ha capito che la pressione sociale, poliziesca e giudiziaria dello Stato annichiliva qualunque tentativo di viabilità alle sue esigenze politiche. L'ETA dice che accetta la democrazia! O almeno, glielo chiedono i suoi uomini in carcere" scrive El Pais "Ascoltare la terrorista Marixol Iparragirre dire che l'ETA "rispetterà la legge" può supporre una specie di sogno, perché risulta difficile da mettere in rapporto con il suo passato macabro. Ma lo ha fatto ed è obbligatorio dargli valore". Indubbiamente i prigionieri si sono visti obbligati a farlo dall'accettazione della sconfitta della loro lotta, ma la grandezza democratica esige che siano riconosciuti, perché risponde alla fine di una riflessione fatta mentre compiono la loro condanna". E adesso? si chiede il quotidiano madrileno. "I carcerati hanno preceduto l'ETA. Hanno scommesso chiaramente per un cammino dal quale non potrà smarcarsi la direzione (?) della banda terrorista quando tornerà a pronunciarsi su questo futuro di pace. Nel loro comunicato non hanno fatto alcuna allusione al dialogo con i Governi francese e spagnolo, un richiamo esigente e permanente nei precedenti comunicati. Per il Collettivo, invece, il Foro Sociale è una via idonea per la ricerca di una soluzione al conflitto. Si è aperta un'altra porta". Il 2014 si apre con nuove speranze per Euskal Herria, che Madrid abbia finalmente coraggio e la pianti di stare dove sta (nella conferenza stampa di fine anno Mariano Rajoy si è vantato di essere un leader che sta dove è sempre stato e non si è mai mosso. Pensa di meritare i complimenti per la sua paralisi e per la sua incapacità di rispondere agli eventi e agli imprevisti?).


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