Lo stile di scrittura è misurato, pensato, nessun flusso di coscenza che va a scandagliare gli anfratti più reconditi della nostra mente, ma comunuqe il libro contiene molto elementi di straniamento. Come diceva giustamente un critico in tv, di cui non ricordo il nome, “quello che rimprovero ai giallisti italiani è l’ assenza assoluta dell’elemeno straniante, essenziale nella letteratura. E’ come se i giallisti italiani fossero degli alunni molti disciplinati che fanno bene il loro compitino, ma alla fine della lettura, manca sempre qualcosa… il sogno, l’ inaspettato, lo straniamento” Ecco, questo non succede nel libro di John Barth. Bastino due scene a rappresentarlo. Nella prima, il protagonista, il professore Jacob Horner, una sera si siede su una panchina e si paralizza. Non riesce più a trovare motivazioni valide per alzarsi. Gli capita uno di quei momenti che tutti hanno vissuto nella propria vita: la perdita di senso. Improvvisamente nulla ha più senso. A tal punto, che non trova più ragioni per alzarsi e continuare la vita di ogni giorno. Passerà l’intera notte su quella panchina, come un barbone. Questo si, che è straniante, vero? Altro esempio: Jacob con la giovane amante, mentre rientrano a casa di lei, una sera, vedendo la luce della camera del marito accesa, propone alla ragazza di spiare il marito, perché, le spiega, lui adora guardare le persone che credono di essere sole e “non osservate”. Sporgendosi alla finestra vedono il marito, un prestigioso professore universitario, marciare in camera sua e provare passi militari. La moglie era completamente all’oscuro di questa passione dell’uomo per le parate militari… e questo? Non è straniante?
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