“La folle biblioteca di nonna Huld”, Salani editore, con intervista a Thórarinn Leifsson

Da Ilgiornaledeigiovanilettori

Ci sono situazioni che fanno paura a tutte le età: essere costretti ad abbandonare la propria casa, veder scomparire i propri famigliari nel nulla, essere testimoni della fine del mondo. Nonostante tutto ciò accada alla piccola protagonista di La folle biblioteca di nonna Huld, per i lettori non c’è niente da temere: i libri ci salveranno!

La casa editrice Salani, grazie al sostegno di Icelandic Literature Center, porta per la prima volta in Italia lo scrittore islandese Thórarinn Leifsson, i cui romanzi, originalissimi e stravaganti, in patria hanno ricevuto premi e consensi. La folle biblioteca di nonna Huld ha infatti vinto nel 2010 il Reykjavik Scholastic Children’s Literature Award e il suo ultimo romanzo per giovani adulti, non ancora tradotto ma dal titolo promettente – L’uomo che odiava i bambini – è candidato al Nordic Council Children and Young People’s Literature Prize 2015.

La folle biblioteca di nonna Huld, di Thórarinn Leifsson, traduzione di Silvia Cosimini, Salani 2015, 13,90€.

Ma non sono tanto i riconoscimenti ricevuti, quanto la sua carica eversiva ed esplosiva, a fare di La folle biblioteca di nonna Huld una lettura da non perdere per i lettori da 10 anni in su. Tutto comincia quando Albertína Haraldsdóttir (che significa “figlia di Harald”: in Islanda non si usano i cognomi!) e la sua famiglia sono costretti a trasferirsi nella Gabbia Dorata, un condominio esclusivo nel centro di Reykjavik, e la ragazzina inizia a frequentare l’Istituto Cimici, una sordida scuola frequentata dal solito assortimento di bulli, come Óli Faina, e compagni amichevoli, come Valli Virus, che la fanno sentire da un lato minacciata e dall’altro accolta.

A noi che leggiamo appare subito chiaro però che la realtà in cui Albertína vive assomiglia alla nostra, ma con alcune distorsioni preoccupanti: innanzitutto in ogni aula e in ogni casa sono installati schermi che trasmettono pubblicità e che invitano al consumo sfrenato. A scuola non si parla di storia e letteratura, ma solo di calcolo e finanza. Nelle strade echeggiano in lontananza delle esplosioni. Inoltre, i genitori di Abba – così viene chiamata la protagonista – fingono che la scomparsa del loro figlio maggiore, Sólmundur detto Sóli, sia un fatto assolutamente normale. Così come il trasferimento forzato alla Gabbia Dorata, lussuosa prigione di nome e di fatto, dove ogni loro mossa è controllata dalla Banca Aurea tramite il suo bieco funzionario, Hávar M. Grímsson.

Sopra le teste di tutti i cittadini orbita l’inquietante satellite sede della Banca Aurea, istituto finanziario accentratore, che regola non solo i conti correnti ma anche la vita dei propri clienti. È lì, sul pianeta a forma di teschio, che finiscono tutti i debitori, genitori insolventi ma anche figli concessi in pegno e pignorati come beni immobili.

In questo panorama desolante, in cui tanti ragazzi si ritrovano privati delle loro famiglie senza sapere il perché e senza potersi ribellare, un giorno irrompe come un ciclone nonna Huld, la bisavola ultracentenaria di Albertína. Di lei si dice che abbia dato fuoco all’istituto in cui era rinchiusa e che sia una strega, ma di certo si sa che ha la più grande collezione di libri esistente, in un mondo in cui la lettura e i libri sono stati banditi. Grazia a nonna Huld, l’appartamento di Albertína diventa una biblioteca in cui bambini e ragazzi possono trovare rifugio e conforto, nonché un avamposto di ribellione. La Gabbia Dorata si trasforma quindi nel quartier generale da cui sferrare l’attacco alla Banca Aurea, prima che essa distrugga definitivamente la Terra!

Tanto ancora ci sarebbe da raccontare di La folle biblioteca di nonna Huld, un romanzo imbottito di personaggi imprevedibili, di incantesimi strampalati, di colpi di scena, che lo rendono difficilmente classificabile: avventura fantascientifica e allo stesso tempo caustica metafora del mondo contemporaneo, spassoso ma anche angoscioso, il libro dimostra tutto il talento immaginifico di Thórarinn Leifsson, da alcuni definito con la formula, ormai un po’ abusata, di “Roald Dahl d’Islanda”.

Ma i nessi ci sono, sia nei temi affrontati che nella forma: la cattiveria esagerata degli adulti, ai quali spetta una punizione proporzionata; la presenza di un mentore fuori dagli schemi per i bambini e ragazzi abbandonati a se stessi; il gusto per il paradosso. E poi piccoli dettagli: nonna Huld che racconta di storie, è depositaria di una lunga battaglia e fuma il sigaro come la nonna in Le streghe, i piccoli aiutanti tuttofare della taglia di bambini come in La fabbrica di cioccolato, le invenzioni sgangherate…

Autore dei testi ma anche delle illustrazioni che lo accompagnano, Leiffsson è evidentemente uno spirito anticonformista, che non ha paura di raccontare attraverso il filtro del grottesco e dell’immaginazione le ingiustizie e la violenza che covano nella società contemporanea. Sul versante dell’immagine, le fisionomie caricaturali dei suoi personaggi, buffe ma in alcuni casi persino inquietanti (penso al ghigno di Hávar), e gli ambienti carichi di segni spessi e scuri, sono la perfetta traduzione delle atmosfere distopiche del testo.

Nei giorni scorsi a Milano, durante due incontri in programma per il festival Bookcity, i piccoli lettori hanno accolto Thórarinn Leifsson con tante domande e originali ritratti fatti a mano di Nonna Huld. GiGi ha raggiunto telefonicamente l’autore per una breve chiacchierata sui libri per ragazzi e la loro importanza, oggi più che mai.

GiGi: L’importanza dei libri e della lettura è al centro del romanzo La folle biblioteca di nonna Huld. Di recente, l’autore Neil Gaiman ha dichiarato pubblicamente che il nostro futuro dipende dalla possibilità di leggere e usare l’immaginazione fin dall’infanzia. Che cosa ne pensi?

T.L: Sono completamente d’accordo. Fin da bambino ho frequentato le biblioteche e fortunatamente ho potuto leggere ogni tipo di libro. Oggi cerco di fare lo stesso con il mio figlio più piccolo, educarlo a leggere, controllando che non stia troppo su internet. La tecnologia non è il nemico, intendiamoci…

Sono d’accordo con te: sia i libri che internet sono veicoli di informazioni preziose per la crescita e il pensiero individuale: sarà per questo che nel tuo romanzo la Banca Aurea li ha proibiti entrambi! La distopia che hai descritto è davvero agghiacciante, ma è anche un modo fantascientifico di raccontare la crisi economica ai ragazzi. Perché hai scelto questa forma?

T.L: Non ho mai pensato ad un determinato genere mentre scrivevo il libro, ma come spesso accade poi ci ha pensato l’editore a definirlo. Il tipo di situazioni e lo sviluppo della storia non sono stati frutto di una decisione conscia, ma il mio personale modo di interpretare ciò che stava accadendo intorno a me. Allo scoppiare della crisi, davanti al più grave crollo bancario della storia, io e miei famigliari eravamo in stato di shock. A Reykjavik ci sono state intense proteste nelle strade e mia figlia, che all’epoca aveva sedici anni, partecipò: è a lei che si ispira la protagonista.

Senza svelare troppo a chi ancora non l’ha letto, vorrei domandarti come hai scelto il finale del libro…

T.L: Mi piacciono i finali aperti e la capacità dei ragazzi di fondere la realtà con l’immaginazione. Pensa che mio figlio pensava che la nonna Huld fosse la sua vera nonna. Purtroppo è morta alcuni anni fa, ma per qualche tempo lui ha continuato a immaginare che fosse fuggita dall’ospedale per ricomparire nel libro.

Il tuo immaginario è piuttosto oscuro e grottesco. Nel romanzo compaiono situazioni piuttosto forti, personaggi che muoiono in modo violento, un ragazzino che medita di compiere un atto terroristico. I ragazzi che lo leggono come reagiscono?

T.L: Io credo che i ragazzi debbano avere accesso a storie che parlino di tutto. Da bambino per me era così. La cosa importante è che i ragazzi abbiano un forte legame con i genitori e la possibilità di parlare con loro di ciò che hanno letto nei libri e che hanno visto su internet. Le storie ci servono per imparare a convivere con il mondo che ci circonda. In ogni caso, le reazione verso ciò che ci spaventa è anche una questione culturale: ho l’impressione che sotto questo punto di vista i lettori italiani siano aperti, non si lascino turbare. I lettori tedeschi, che conosco e amo [Leifsson vive a Berlino] sono più spaventati dalla violenza: sarà per via di un passato doloroso che ancora li tormenta.

Dal momento che sei sia scrittore che disegnatore, hai mai pensato di realizzare un fumetto per ragazzi?

T.L: Forse lo farò! Mi piacciono i fumetti. In passato ho realizzato delle storie assurde, influenzate dallo stile di Robert Crumb [fumettista americano underground] e dagli scritti di William Burroghs. Ho letto fumetti fin da bambino: in Islanda non ne circolavano molti, ma in Danimarca, dove ho trascorso parte dell’infanzia, c’era una scena molto ricca. Mia figlia, che ha iniziato a leggere molto presto, divorava tonnellate di storie di Paperino e io non l’ho mai scoraggiata. Leggere fumetti l’ha preparata a letture più importanti. Leggere è come correre, la cosa importante è fare esercizio!

E allora andiamo ad allenarci nella biblioteca di nonna Huld!

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