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La forza della nonviolenza e della verità: la lezione di Gandhi

Creato il 05 settembre 2011 da Milleorienti

Il numero di settembre del mensile Yoga Journal ha un dossier dedicato al tema della “forza” nei suoi vari La forza della nonviolenza e della verità: la lezione di Gandhisignificati. Ecco qui sotto come ho trattato il tema nella mia rubrica MilleOrienti. Buona lettura

«Fra i mille significati che la parola “forza” può avere, preferisco quello che gli dava Mohandas Gandhi detto il Mahatma (“Grande anima”), l’apostolo della nonviolenza e dell’indipendenza dell’India. Gandhi diceva che ciascuno di noi deve trovare in se stesso «la forza della verità». In un  testo del 1928, composto nel suo ashram nella città di Ahmedabad (un luogo di commovente semplicità, vi consiglio di visitarlo) scriveva: «spero di essere abbastanza umile per arrivare alla verità, qualsiasi sia la fonte da cui provenga».

La «forza della verità», per il Mahatma, si basava sulla forza morale della nonviolenza. Tutta la vita di Gandhi fu un intrecciarsi di riflessioni e azioni politiche per stabilire il corretto rapporto fra forza, violenza e nonviolenza.

La nonviolenza è un “trucco” per chi è privo di forza? O per chi, in fondo, è un vigliacco? Queste furono le sprezzanti accuse che Gandhi si sentì rivolgere dai propri avversari sui due fronti: da una parte i colonizzatori inglesi,  dall’altra quegli indiani che volevano combattere gli inglesi con le armi.

La forza della nonviolenza e della verità: la lezione di Gandhi

M. K. Gandhi detto "Mahatma" (Grande Anima)

Gandhi si oppose a entrambi gli schieramenti, propugnando la via della «nonviolenza dei coraggiosi». Ecco cosa scriveva: «La forza non deriva dalla capacità fisica ma da una volontà indomabile. La disobbedienza civile a una legge ingiusta deve esprimersi nella ribellione ma senza il ricorso alla violenza, perché comunque l’uomo è incapace di conoscere la verità assoluta e quindi non ha il diritto di punire chi la pensa diversamente». Il Mahatma finì in carcere molte volte per le proprie idee, e molte volte si sottopose a sfinenti digiuni di protesta, ma preferì sempre soffrire egli stesso piuttosto che infliggere sofferenza all’avversario. Perché, secondo lui, anche il più nobile dei fini non giustificava il ricorso a mezzi sbagliati, convinto com’era che «la violenza snatura l’uomo».

Questa era la sua Forza.»

Per saperne di più: vi consiglio di leggere la bellissima antologia di scritti gandhiani “Teoria e pratica della nonviolenza”, a cura di Giuliano Pontara, edizioni Einaudi.


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