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La forzatura interpretativa sulla ineleggibilità di Berlusconi in base al DPR 361/1957

Creato il 13 marzo 2013 da Iljester

The Mediaset trasmission tower is picturNel 1994, quando Berlusconi entrò per la prima volta in Parlamento, la sinistra, non essendo riuscita a batterlo tramite il consenso elettorale, s’inventò l’ineleggibilità in base a una norma di legge del 1957, il DPR n. 361, che all’art. 10, stabilisce tra gli altri, che non sono eleggibili:

… coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amminitrative di notevole entità economica,che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazioneè sottoposta…

All’epoca, l’elezione del Cavaliere dunque fu posta in discussione poiché era presidente del polo televisivo che poi sarebbe diventata Mediaset, ma la Giunta per le Elezioni della Camera respinse il reclamo e Berlusconi fu confermato. Negli anni successivi, la questione non venne più sollevata.

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Ebbene, oggi ritorna in auge. Visto il clima forcaiolo, visto l’eclatante insuccesso del Partito Democratico e visto pure il successo del M5S, ecco che spunta ancora la questione della presunta ineleggibilità di Berlusconi in base a una norma di legge vecchia di sessant’anni. Così, se mai non bastassero i processi, il cerchio potrà comodamente chiudersi con un voto della Giunta per le Elezioni, che cancellerebbe di fatto l’opposizione dal Parlamento, creando peraltro un grave vulnus alla nostra democrazia.

Eppure pochi si accorgono che la norma in esame si riferisce a specifici soggetti. Premettendo infatti che le norme sulla ineleggibilità sono (e devono essere) di stretta interpretazione, in quanto incidono pesantemente su un diritto costituzionale fondamentale quale è il diritto di elettorato passivo, la lettera della legge si riferisce solo a coloro che direttamente gestiscono un’azienda privata che sia titolare dei rapporti di cui all’art. 10, ovvero a coloro che svolgono il ruolo di rappresentante legale di quell’azienda privata.

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Berlusconi non rientra affatto nella previsione di questa norma se non con una forzatura interpretativa. Egli infatti non gestisce direttamente le aziende Mediaset, né è il loro rappresentante legale. Egli è solo il mero proprietario di una holding che detiene un pacchetto azionario rilevante. Se mai ci fosse stato qualcuno che avesse voluto far rientrare Berlusconi nella previsione di legge, avrebbe dovuto provvedere a modificare l’art. 10, affinché ricomprendesse anche i meri proprietari di quote di partecipazione e/o azionarie in imprese private e/o società che hanno i rapporti di cui al citato articolo. Qualsiasi interpretazione volta ad aggirare la vigente lettera della legge è invece un abuso.

A ciò si aggiunga quanto prevede la legge 215 del 2004, che stabilisce tutta una seri di incompatibilità tra chi svolge attività economiche e commerciali e chi ricopre cariche di governo. Se Berlusconi fosse risultato amministratore (anche di fatto) delle aziende medesime, probabilmente non avrebbe potuto ricoprire in nessun caso la carica politica assunta nel 2001, e poi nel 2008, e la sinistra avrebbe avuto gioco facile a denunciare e ottenere una pronuncia positiva sulla questione.

A proposito. Ma sapevate che l’art. 10 del DPR 361 del 1957 non si applica ai dirigenti delle cooperative e dei consorzi di cooperative regolarmente iscritte nel registro della Prefettura? Ecco, magari Berlusconi potrebbe ancora salvarsi, trasformando Mediaset in una cooperativa. Un sogno davvero sinistro.


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