In questi giorni, tra un Cosentino che scappa dal partito con le liste, un Monti che non sa bene con chi allearsi, e un vaffa di Grillo,
in secondo piano sui giornali nazionali… è scoppiata una guerra.
Ci sono un inglese, due norvegesi, 5 o 6 giapponesi e più di 2.500 francesi, e no, non è una barzelletta! Siamo in Algeria, al confine con la Libia, qualche giorno fa, un impianto gasifero viene attaccato da un gruppo di terroristi, in seguito dichiaratisi appartenenti ad Al Quaeda. Sì, esatto, la stessa celeberrima organizzazione terroristica a cui si attribuisce l’attacco alle Torri Gemelle del 2001.
Ma che ci fanno in Algeria? Non stavano in Afghanistan? E soprattutto che se ne fanno di un impianto di gas, dopo il World Trade Center? sono a corto di idee? No! Dopo aver scatenato gli attacchi di panico (oltre che numerose vittime) nell’attentato più famoso dell’occidente post-bellico, i signori terroristi decidono di attaccate un impianto gasifero con, non si sa esattamente quanti (ma trattasi di un numero spropositato) di ostaggi, tra cui più di un centinaio stranieri (leggi “occidentali”). Il motivo? Pare che lo stiano facendo per difendere gli interessi del Mali (per chi non lo sapesse – e non lo biasimo, non è che se ne parli tutti i giorni al tg5- trattasi di uno stato dell’Africa nordoccidentale al confine con l’Algeria) dai nemici francesi che vogliono invaderne il territorio per interessi petroliferi, a dire dei nostri bravi salvatori. Ma si sa, non si ha niente in cambio di niente. Quindi una quarantina di queste brave persone hanno attaccato e preso in ostaggio circa 600 persone mentre lavoravano. Molti sono morti, alcuni sono riusciti a scappare, una buona parte – dicono- sono stati messi in salvo dall’intervento del governo algerino che, con un blitz sta cercando di catturare i terroristi e mettere in salvo più ostaggi possibile. Ma per ora tutte le cifre sono vaghe. Ogni ambasciata cerca di avere e diffondere dati sui propri connazionali. Pare che non ci fossero italiani a lavorare nell’impianto al momento dell’attacco ( il 35 % è disoccupato, gli altri erano in malattia), ma i terroristi si sono affrettati a proporre un accordo con il governo degli Stati Uniti per liberare gli ostaggi americani in cambio di due prigionieri appartenenti all’organizzazione, in carcere negli USA, due pezzi grossi. Ovviamente il Pentagono ha risposto “fuck, noi non trattiamo con i terroristi“, come nelle migliori serie televisive,”piuttosto vi invadiamo, così finalmente capite cos’è la democrazia!” e l’Obama rieletto ha subito frenato “hey baby, keep calm and don’t panic, mi hanno appena rieletto perché porto la pace, aspettate qualche mese prima di dichiarare guerra a un altro paese!”
Dunque, ricapitolando, i terroristi islamici attaccano una fonte di guadagno pseudo-occidentale in territorio maghrebino, prendono in ostaggio un po di persone di ogni dove per poter contrattare con i loro governi. Dagli Usa per ora hanno avuto picche, ma siamo solo all’inizio. Alla Francia hanno chiesto di lasciare il Mali e il suo petrolio (siamo tutti persuasi che si tratti di profonde convinzioni ambientalistiche), e Hollande ha inviato altri uomini ad aiutare quelli che già erano là. L’UE ha già detto che noi tutti ci siamo, siamo già pronti, nonostante la crisi, a spendere qualche miliardino per portare la pace nel mondo (insieme ai nostri nuovissimi F35-a-prova-di-fulmine e la coppia di sottomarini che nel deserto sono sempre utili, poi non dite l’Italia è indietro!).
Il fatto è che non si sa bene cosa ci faccia la Francia in Mali, si sa solo che trattasi di un incremento di truppe per una “guerra di movimento” che durerà “il tempo necessario”. Su LeMonde si legge che questo intervento è molto diverso dalle precedenti operazioni francesi in Africa (Chad, Costa d’Avorio & co.) Questa volta le truppe francesi non prendono le difese di alcuna parte politica, ma, al contrario, sono lì – nel quadro legale di accordi bilaterali in nome delle Nazioni Unite, spinti da Hollande dopo la sua elezione – per difendere i francesi che abitano da quelle parti. “I gruppi jihadisti nel nord del Mali, rappresentano una minaccia di aggressione dichiarata per la Francia, che ha già impedito numerosi tentativi di attentati organizzati” anche in luoghi – sottolinea l’J. F. Bayard - in cui non c’erano altri interessi nazionali. Ora che il governo del Mali è disintegrato, che la guerra civile avanza e un nuovo stato sta cercando di nascere, trovando il proprio equilibrio tra democrazia laica e tradizione islamica, gli interessi sulle costruzioni, gli investimenti sociali e bellici sono ai massimi potenziali. Hollande ha saputo ben condurre il gioco diplomatico fino ad ora, coinvolgendo Stati Uniti, Cina, Russia e tutte le potenze occidentali, e soprattutto l’Unione Africana. (Non sentite anche voi una leggera puzza di colonialismo?)
Questa, purtroppo, ha tutta l’aria di somigliare alla nuova guerra dei prossimi 10-15 anni. Dopo l’Afganistan, l’Algeria. E come molte altre prima di esse, trattasi in fondo di ottimi pretesti per i mercanti di armi e venditori disperazione. Perchè la macchina della disperazione, purtroppo, non è mai in crisi.