Nel cuore di Verona, all'angolo fra Piazza delle Erbe e Piazza dei Signori, sorge il Palazzo della Ragione, edificato alla fine del XII secolo per ospitare il consiglio cittadino, ma progressivamente riservato all'amministrazione della giustizia con l'insediamento della corporazione dei Notai (metà XIV secolo) e, in seguito, con i cambiamenti intervenuti con il passaggio all'amministrazione della Serenissima (1405).
Francesco Hayez, Meditazione,
1851, olio su tela, cm 92,5 x 71
Divenuto per un breve periodo, nel corso dell'Ottocento, sede dell'Accademia delle Belle Arti, oggi il Palazzo della Ragione è tornato ad essere spazio espositivo dedicato alla pittura e alla scultura del periodo compreso fra il XIX e il XX secolo: dall'aprile 2014, infatti, trova spazio entro questo edificio la
Galleria di Arte Moderna Achille Forti, dedicata all'eminente studioso di botanica appassionato d'arte che, alla sua morte, volle donare al Comune di
Verona la sua collezione e la sua stessa casa, Palazzo Forti. Mentre quest'ultima è divenuta sede dell'AMO, la collezione Forti, unita alle collezioni Cariverona e Domus, è oggi
il nucleo dell'esposizione di Palazzo della Ragione e il visitatore, nel suo itinerario artistico, gode allo stesso tempo della possibilità di esplorare anche le sale del consiglio, l'elegante
Cappella dei Notai e, con un supplemento al biglietto d'ingresso, la
Torre dei Lamberti, che offre una spettacolare panoramica sulla città.
Cappella dei Notai
Lo spazio espositivo è diviso in quattro sale e riunisce opere di numerosi artisti, fra cui spiccano i nomi di Francisco Hayez, Giovanni Fattori, Umberto Boccioni, Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Giacomo Balla, Angelo Dall'Oca Bianca e Medardo Rossi (ma con loro molti altri più o meno noti al grande pubblico).
Ferrarin, Piazza Erbe, 1839, olio su tela, cm 122 x94
Un aspetto che balza immediatamente all'occhio è la centralità del rapporto delle opere esposte con Verona: le prime opere sono fotografie del XIX secolo che ritraggono l'area di Piazza dei Signori e del Palazzo della ragione e dipinti di ambientazione analoga realizzati da Vittorio Avanzi,
Giuseppe Ferrari e Carlo Ferrari detto Ferrarin. Ma c'è di più: oltre alle numerose vedute di Verona di epoca successiva, fra cui assumono particolare importanza quella divisionista di Baldassarre Longoni e il
Mattino invernale di Augusto Manzini, un filo rosso procede lungo tutto il percorso, prediligendo artisti che a Verona hanno vissuto e/o lavorato, come nel caso di Umberto Boccioni, che qui trovò la morte, in seguito ad una caduta da cavallo, nel 1916. In questo modo, le opere assumono un valore che non è dato solamente dal loro prestigio, ma anche dalla forte
connessione con la città che le ospita e con le sue manifestazioni sociali e culturali.
Giovanni Fattori, Grandi manovre, 1904, olio su tela, cm 88 x 150
Angelo Dall’Oca Bianca, Foglie cadenti, 1898, olio su tel, cm. 77 x 138
Silvestro Lega, La lezione della nonna,
1880 – 1881, olio su tela, cm 116 x 90
Nelle prime opere si avverte tutto l'ardore dell'
esperienza risorgimentale, magistralmente condensata nella
Meditazione di Hayez, scelta come simbolo stesso della galleria e intrisa di sogni di libertà e di delusione per il fallimento delle Cinque giornate di Milano, la cui data è impressa sul crocifisso tenuto in mano dalla donna ritratta a seno nudo come moltissime rappresentazioni di argomento patriottico (basti pensare alla Libertà che guida il popolo di Delacroix). Il tema patriottico ritorna nelle
Grandi manovre di Giovanni Fattori, che riflette la delusione del sogno risorgimentale all'inizio del Novecento, nonché nell'ambiente realistico dello scorcio sociale rappresentato dal quadretto domestico di Silvestro Lega
La lezione della nonna, che mi ha ricordato la
riflessione di Mercantini sull'educazione delle bambine.
Umberto Boccioni, Ritratto dell’avvocato C. M.
(Carlo Manna), 1907, olio su tela, cm 46 x 60
Una cospicua sezione della mostra ospita tele ispirate al
Divisionismo, la cui eco si avverte nella pittura svirgolettata delle
Foglie Cadenti di Dall'Oca Bianca, nelle opere di Baldassare Longoni e in
S'avanza di Angelo Morbelli, mentre cenni di
Cubismo appaiono nelle nature morte di
Filippo De Pisis e Gino Severini, ma non è isolato il caso in cui si colgono, dietro alle rielaborazioni moderne, i riferimenti alla grande arte, come quello esplicito a
Piero Della Francesca di Pio Semeghini, la citazione di
Paolo Uccello ad opera di Pino Casarini ne
La disfida di Barletta o la trasposizione morandiana dell'iconografia delle
Bagnanti che richiama nello schema l'omonima serie di Cezanne.
Baldassarre Longoni, Panorama di Verona, 1915, olio su tela, cm 63,5 x 151
Nurdio Trentini, Natura morta, 1926 – 1939, olio su tavola, cm 49,5 x 68
Ci sono invece
tratti di arte nordica nelle opere di Pino Casarini, che ricordano le litografie di Munch, nella Tomba fra i cipressi di Alfredo Savini o nella Preghiera di sapore klimtiano dipinta da
Felice Casorati (attualmente in prestito). Ma non mancano esplosioni in stile
fauves e insieme affini alla pittura per macchie di dolore di Gauguin, come nei quadri di Gino Rossi dedicati a Burano o in quelli di Angelo Zamboni.
Gino Rossi, Burano, 1912 – 1914, olio su cartone, cm 42 x 57,5
A sinistra: Antonio Donghi, Il Giocoliere, 1936, olio su tela, cm 116 x 86A destra: Pino Casarini, Donna con due fiori a lungo stelo, 1918, tempera su cartone, cm 64,5 x 32In basso a sinistra: Mario Tozzi, Donna alla finestra (Ritratto di Marta), s.d., tempera su tela, cm 98 x 71,5 Significativa è anche l'esperienza del
Futurismo, particolarmente vitale a Verona sia per la presenza di Boccioni, sia per
il fatto che le idee propugnati dai letterati aderenti all'avanguardia trovarono nella città un terreno particolarmente fertile, al punto che il quaotidiano locale,
L'Arena, fu tra i primi in Italia a pubblicare
il manifesto steso da Marinetti nel 1909; nell'ambito di questo settore emerge la lettura del volo e di Renato Righetti (Di Bosso), che presenta una scomposizione dinamica di piani e una gamma di colori vivacissimi. All'avanguardia seguì il
Ritorno all'ordine, con il ritorno ad elementi di classicismo esemplificati dalla tela Poema marino di
Alberto Savinio (Andrea De Chirico).
Alberto Savinio, Poema marino (Idillio marino), 1927, olio su tela, cm 50 x 60
Felice Casorati, La preghiera, 1914 circa, tempera su panno, cm 130 x 120
L'esposizione, dunque, ripercorre la densissima stagione dell'arte a cavallo fra i due secoli, senza farsi mancare nulla e dimostrando come Verona, accogliendo fermenti artistici da tutta l'Europa e coniugando le istanze di movimenti di avanguardia e forme tradizionali, sia ancora, come era in antichità, crocevie di genti e culture.
Augusto Manzini, Mattino d’inverno, 1930 – 1931, olio su tela, cm 115 x 130
C.M.