Questa sembra una barzelletta brutale, invece è un pietoso fatto di cronaca che mi solletica una riflessione. Nel mio percorso scolastico ho avuto in classe compagni disabili i quali, senza il supporto di un insegnante di sostegno, non avrebbero potuto condividere con noi diverse attività. Ricordo all’asilo, in una giornata di primavera come oggi, lui che non poteva tirare due calci ad un pallone perché era su una sedia a rotelle. Mi avvicinai per smorzare la tonalità della diversità e facemmo un patto che ci fece diventare compagni di merenda. Io tiravo il pallone, ma lui mi indicava la direzione precisa. All’epoca portavo il bendaggio all’occhio destro e certe volte mi sentivo “un pirata” rispetto agli altri bambini. La mia era una deficienza oculistica che avrei risolto col tempo, il suo un problema congenito che lo avrebbe segnato per tutta la vita.
I “disabili” non sono loro, ma lo diventiamo noi quando ci passano sotto il naso queste “orrende discriminazioni” e facciamo finta di niente. Gli studenti di quella scuola ligure hanno una grande ricchezza in classe e non devono rinunciarvi. Oggi ringrazio pubblicamente il mio primo compagno di merenda, per avermi fatto sentire “un campione” al suo fianco, dandomi una grande lezione di vita: non dare mai nulla per scontato.