E Dio gli disse: "Orsù, prendi tuo figlio, l'unico che hai e che tanto ami, Isacco, e va nel territorio di Morria, e lì offrilo in olocausto sopra un monte che io ti mostrerò. Ma Isacco, padre catechista, cosa mai ha combinato? Ha rotto giocando un vetro del vicino? Ha strappato i pantaloni nuovi passando attraverso lo steccato? Ha rubato le matite? Ha spaventato le galline? Ha suggerito? Gli adulti continuano stolti a dormire, io stanotte fino al mattino devo vegliare. Questa notte tace, ma tace contro di me e ha il colore della pece, come lo zelo di Abramo. Dove mi andrò a riparare quando l'occhio del Dio biblico si poserà su di me come si posò su Isacco? Dio, volendo, può resuscitare l'antico evento quindi mi tiro la coperta sulla testa, tra brividi di spavento. Qualcosa fra poco imbiancherà davanti alle finestre, la stanza si riempirà del fruscìo d'un uccello, del vento ma non ci sono uccelli con ali grandi quanto quelle, ne' vento con una camicia lunga tanto. Il Signore Iddio fingerà di essere volato dentro per caso, e mai e poi mai qui, poi si porterà mio padre in cucina per brigare, da una gran tromba gli soffierà nell'orecchio e quando domani all'alba mio padre mi porterà con sè, ci andrò. Ci andrò rabbuiata dall'odio. Non crederò ne' a bonta ne' ad amore, più inerme delle foglie di novembre. Non fidarsi, nulla merita fiducia; non amare, portare il cuore vivo dentro il petto. Quando accadrà ciò che deve accadere - quando accadrà - invece del cuore mi batterà un fungo secco. Il Signore Iddio attende e dalle nubi dà un'occhiata per controllare se alta dal rogo si leva la fiamma così potrà vedere come si muore a dispetto, perchè io morirò, non mi lascerò salvare.
("Notte" - Wislawa Szymborska: La gioia di scrivere, Adelphi 2009)